Pizzarotti-De Eccher: la cricca della 3ª corsia
I due imprenditori e i lavori per l’ampliamento dell’A4 Venezia-Trieste
Èl’asse “strategico” che dovrebbe fluidificare il traffico, soprattutto pesante, che da Torino passa per Trieste e viaggia verso il Centro e l’Est Europa. È la terza corsia dell’autostrada A4, con i suoi lavori in corso, gli espropri, i cantieri in fermento, ponti e viadotti in costruzione.
Tra lotti e sub-lotti, però, la Procura di Gorizia e la Guardia di finanza scoprono che fin troppo fluido non è stato il traffico, ma il modo in cui due colossi delle costruzioni si sono aggiudicati l’appalto con il concorso della commissione che ha aggiudicato i lavori e il Rup (Responsabile unico del procedimento) Enrico Razzini, indagato con l’accusa di “turbata libertà del procedimento di scelta del contraente” in concorso con suddetti big dell’imprenditoria stradale: Paolo Pizzarotti, presidente della Impresa Pizzarotti & C, e Marco De Eccher, presidente della Rizzani De Eccher Spa.
I tre – sostiene l’accusa – agivano “in concorso” e “con collusioni accordandosi preventivamente nell’ambito di un più complessivo accordo finalizzato ad aggiudicare la gara all’Ati, costituita da Pizzarotti, De Eccher e Saicam”.
La gara “turbata” è quella che riguarda la A4, tratto Venezia-Trieste, e il raccordo Villesse-Gorizia e, più precisamente, il “lotto II San Donà di Piave e lo svincolo di Alvisopoli”, aggiudicata appunto da gara indetta dal “commissario delegato per l’emergenza della mobilità”, ovvero l’ex presidente della Regione Friuli Venezia Giulia Debora Serracchiani. Se non bastasse, negli atti si legge che “l’associazio- ne temporanea d’imprese (Pizzarotti & C. spa, Saicam spa e Rizzani De Eccher spa) aveva già debiti con la struttura commissariale da compensare, derivanti da altri lavori aggiudicati in altro lotto della costruenda terza corsia della A4”.
DOPO I DEBITI arriva anche la “turbativa della gara”. “In particolare”, scrivono gli inquirenti, “il Rup e la commissione giudicatrice facevano in modo che il lotto sopraindicato venisse aggiudicato” agli indagati. E nel frattempo, sempre secondo l’accusa, Pizzarotti, De Eccher e Saicam “si accordavano con appaltatori e subappaltatori con l’intenzione di cedere completamente i lavori”. L’obiettivo: “Ottenere l’appalto in argomento e, nel contempo, scambiarsi favori reciproci”.
Il punto è che questi tipi di accordi sono vietati dalla legge. Eppure gli indagati si muovevano esattamente così. Un esempio? Consentivano alla “Ghiaia Ponterosso – gruppo Grigolin – di partecipare quale subappaltatrice nonostante il divieto di legge”. “Il tutto”, si legge nel decreto di perquisizione, “con modalità tali da alterare la regola in- defettibile della libera concorrenza tra i partecipanti, al fine di favorire in ogni caso le aziende prescelte da Pizzarotti, De Eccher e Saicam”.
Spulciando tra vecchi contenziosi e altre indagini, si scopre che il legittimo appetito sui lavori della A4 aveva già ingolosito la De Eccher. Che però, nel 2014, s’era vista bloccare da una pesante interdittiva antimafia disposta dalla prefettura di Udine. La vicenda era finita al Consiglio di Stato che aveva restituito al colosso la possibilità di lavorare.
È vero – sostiene il Consiglio di Stato – che l’anziano patron Claudio De Eccher, nel 1994, ha patteggiato condanne per “corruzione per un atto contrario ai doveri di ufficio in concorso, e nel 1995, per associazione a delinquere, turbativa libertà degli incanti e corruzione aggravata per un atto contrario ai doveri di ufficio”, com’è vera “la condanna per associazione a delinquere di stampo mafioso (416 bis c.p.) del dipendente geometra Li Pera Giuseppe”.
Ma “non si può disconoscere”, continua la sentenza, “il rilievo dei fatti accertati nel giudizio penale che ha visto coinvolti Claudio e Marco De Eccher per la vicenda napoletana, conclusasi con l’assoluzione dal reato di associazione mafiosa e la riparazione per l’ingiusta detenzione di Claudio De Eccher”. Il punto è che si tratta di fatti “molto risalenti nel tempo, non collegati fra loro e non provano un condizionamento attuale dell’impresa”.
E nessuna infiltrazione mafiosa, infatti, viene contestata agli indagati, neanche per il nuovo lotto citato negli atti. L’accusa resta comunque grave: turbativa libertà del procedimento della scelta del contraente.
La De Eccher nel 2014 fu bloccata da una pesante inerdittiva antimafia a Udine, ma la vicenda si risolse al Consiglio di Stato