Il Fatto Quotidiano

“È stato un bell’azzardo: papà voleva il posto fisso”

Al lavoro sul prossimo film: “Ho scritto cinque soggetti, i dubbi non mi abbandonan­o mai”

- » ALESSANDRO FERRUCCI

Un palco, uno spettacolo da mettere in scena, un fratello in difficoltà ( tre della compagnia ammalati, come racconta nella prefazione della pagina accanto); una mamma che ti sprona, una vocina interna che dice “vai, è il momento”; sempre quella vocina che insiste e ti sobilla verso “una ( presunta) botta di follia”. E puff, scatta la magia, e Roma, e l’Italia scoprono per la prima volta Carlo Verdone: “Ancora oggi non so perché l’ho fatto: un grande azzardo; e io un po’ megalomane”.

Seduto su un divano accavalla le gambe, socchiude gli occhi, guarda a ieri non da arrivato, (“in questo mestiere non te lo puoi permettere”), ma da uomo realmente e piacevolme­nte stupito; da mesi poi lavora alla sceneggiat­ura del suo prossimo film.

Per fortuna è salito su quel palco.

E ho capito di avere un potenziale del quale ero ignaro; è stato un momento di euforia.

Concluso tra gli applausi. Andò tremendame­nte bene. Da quella sera è partita la mia carriera. Papà non voleva.

Come mai?

Conosceva bene la realtà del cinema, le difficoltà per intraprend­ere e restare in questo mondo: per lui era un mestiere complicato, pericoloso, pieno di fragilità. Diceva: “O sei da primo in classifica, o meglio lasciar perdere. E non so se puoi riuscirci. Studia e pensa a un posto sicuro”.

Sua madre?

L’opposto: “Carlè, tu hai un occhio particolar­e su ciò che ti circonda. È una dote”. Però a quel tempo la laurea aveva un valore spendibile...

Suo padre così addentro al cinema?

Sì. Allora gli attori che duravano, e potevano vivere di questo mestiere, erano pochi: Gassman, Sordi, Manfredi, Tognazzi e Mastroiann­i.

I fantastici cinque.

Per gli altri arrivavano i dolori, depressi, oppressi dall’ansia e dalla smania per una parte; cercavano mio padre, chiamavano a casa: “Tu che conosci Fellini, puoi parlarci?”.

Raccomanda­zioni...

E non mi riferisco a profession­isti di basso livello, ma a grandi come Leopoldo Trieste. Per questo mio padre non era convinto, conscio delle mie fragilità, della mia timidezza davanti alla folla.

La proteggeva.

Allo stesso tempo mi consigliav­a i film da vedere, mi regalava le tessere dei cineclub, i libri di Maupassant, Cechov, Gogol, Verga, Deledda... tutta la letteratur­a di fine Ottocento, primi del Novecento. È stato eccezional­e.

Per alcuni scrittori non sono necessari i classici.

È un’enorme stronzata: sapete chi è il maggiore esponente della commedia all’italiana? Carlo Goldoni. Se riprendete le sue opere scoprirete i segreti dei grandi autori.

Dal passato non si prescinde.

È fondamenta­le per capire i vari Monicelli, Age e Scarpelli; i capolavori comeM etropolis e 2001 Odissea nello spazio sono anche oggi attuali perché nascono da qualcosa di profondo e meditato. Sono immutati.

In “Gallo Cedrone” par la della “modernità di Dante”.

Quella è una gag nata in un pranzo di lavoro con Claudia Gerini: eravamo in un locale periferico di Roma per discutere di Sono pazzo di Iris Blond; accanto a noi si siede una coppia, sicuro al primo appuntamen­to, lei in minigonna, lui un cafone quarantenn­e che per darsi un tono si lancia in una sperticata lezione di vita: “Alettura è tutto, a casa ho una collezione de libri disumana, e la modernità di Dante te apre un mondo...”. La Ge- rini mi fissa e sferra un calcio sotto il tavolo; mi fermo e penso: “Prima o poi questa battuta la metto in un film”.

Da qualche giorno è Grande Ufficiale della Repubblica Italiana...

Un grande onore, e mi ha colpito il discorso del Prefetto quando ha definito il mio percorso come un’indagine sull’evoluzione dei caratteri, dei tic, delle nevrosi della nostra società.

Un po’ quello che le riconoscev­a sua madre. (Ci pensa) Ho sposato il mio lavoro, anche a costo di mettere da parte altri aspetti della vita come le amicizie: quello della scrittura prima, della regia e recitazion­e poi, sono un impegno perenne, ho la testa sempre lì.

Ha ancora dubbi su cosa ha realizzato Carlo Verdone? Quelli sono all’ordine del giorno; sa quanti soggetti ho scritto per il prossimo film? Cinque. Però così mantengo sempre l’idea di ricomincia­re da capo, come se fossi al mio secondo lungometra­ggio.

E quando esce un film? Sono giorni terribili: mi domando se piacerà, su come il pubblico uscirà dalla sala, in quanti andranno.

Oggi è più difficile trovare i personaggi per strada. Hanno tutti il cellulare in mano, i discorsi sono a brandelli, non si ascoltano le risposte, e forse perché nessuno si guarda più neanche negli occhi.

Gli attori chiamavano mio padre, chiedevano raccomanda­zioni Perciò non era convinto: temeva fossi fragile per tutto questo Il maggiore esponente della commedia all’italiana? Goldoni Se riprendete le sue opere scoprite i segreti dei grandi autori

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Insieme a uno dei miti Carlo Verdone e Jimi Hendrix: una delle sue più grandi passioni è quella della musica. Suona anche la batteria

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