Volete far ripartire l’Italia? Allora basta con queste bugie
Smettere di raccontare e di raccontarsi bugie: ecco qual è la prima cosa che dovrebbe fare chi è davvero interessato a far ripartire l’Italia senza impiccarsi ai decimali o passare il giorno a osservare ansiosamente le variazioni dello sp re ad . Perché se è vero che solo nuovi investimenti pubblici e privati potranno portare posti di lavoro, ripresa dei consumi interni e una crescita duratura, è ancor più vero che oggi in Italia investire è impossibile. Perché il sistema è bloccato da una grande menzogna. Da una gigantesca bugia, nata 25 anni fa dopo che l’inchiesta di Mani Pulite aveva dimostrato come su ogni affare pubblico (o quasi) girassero tangenti. È la bufala, cara alle classi dirigenti, secondo la quale la corruzione si può prevenire con norme sempre più accurate, complicate, sofisticate. Non è così. Leggi, codici degli appalti scritti male, authority anticorruzione benemerite, ma sempre più onnicomprensive e invasive, portano a un solo risultato: l’impossibilità per lo Stato di spendere i fondi stanziati in tempi ragionevoli. Già la scorsa settimana, in questa rubrica, abbiamo raccontato come i vecchi governi abbiano già messo a bilancio 140 miliardi di euro (spalmati su 15 anni) da investire in opere grandi e piccole. Un vero e proprio tesoro (a cui ora si aggiungeranno altri 15 miliardi previsti dalla manovra), in grado di creare due milioni di posti di lavoro, che però è lì bloccato da burocrazia, inefficienze, pandette e codicilli. Bene, se l’Italia non vuole affondare, buona parte di questo ciarpame legislativo deve essere buttato via. Ma non – come vorrebbero i ladri – rinunciando a combattere la corruzione. Va invece cambiata la prospettiva. Bisogna passare dalla prevenzione formale (inutile e controproducente) a una dura ed efficace repressione.
I DATI DI FATTOda cui partire sono due: il fallimento totale delle vecchie politiche e la necessità di spendere in fretta e bene i fondi. Nascondere che il sistema delle tangenti sia diffusissimo e che abbia portato danni enormi al Paese è impossibile. Ogni volta che un pubblico ufficiale incassa una mazzetta, i controlli sui costi e la qualità delle opere saltano. Prima di Mani Pulite, a Milano per costruire un chilometro di passante ferroviario si spendevano 100 miliardi. Subito dopo circa 50. Non per un miracolo. Ma perché chi doveva controllare si era messo a farlo e le imprese, terrorizzate dalle inchieste, avevano smesso (per un breve periodo) di costruire tra loro i cartelli illegali grazie ai quali vincevano gli appalti a rotazione. La repressione penale aveva insomma funzionato e aveva avuto anche un effetto preventivo. Gli imprenditori disonesti temevano le manette ed evitavano di concordare tra loro gli importi da indicare per gli appalti nelle buste presentate per vincere i bandi. Poi però il Parlamento aveva approvato varie controriforme in materia penale e tutto era tornato come prima. Come dimostrano gli scandali sui cartelli d’imprese che periodicamente esplodono (l’ultimo a Gorizia). Proprio per questo ora è davvero insopportabile vedere il nuovo pacchetto Anticorruzione fare due volte la spola tra Camera e Senato per i litigi all’interno della maggioranza. Per cestinare la burocrazia che impedisce all’Italia d’investire, evitando però che il denaro pubblico venga regalato a imprenditori disonesti senza farci crescere, norme più efficaci e severe sono indispensabili. Se non le avremo tanto vale alzare subito bandiera bianca. Tanto vale invocare l’arrivo della Troika. Perché è meglio una fine spaventosa che questo nauseabondo spavento senza fine.