Il Fatto Quotidiano

Bankitalia: “Sos spread” Moody’s: “Pace con Ue”

Minoranze Boccia (Pd): “La manovra è sbagliata, ma non per il 2,4%” Fassina (LeU): “I media lasciano credere che non c’è alternativ­a al rigore”

- » MARCO PALOMBI

Ormai, dove una volta c’era pure un po’ di politica, è tutta narrazione e, se possibile, semplifica­ta. In questi mesi abbiamo “populisti vs Europa”, declinata sentimenta­lmente a seconda della squadra per cui si tifa. Sui temi economici, la versione di chi sta all’opposizion­e e dei grandi media è: “I populisti ci porteranno a sbattere contro il buon padre di famiglia abbassa il debito”.

RACCONTO bambinesco che ha, pubblico a parte, soprattutt­o una vittima: quei pezzi di sinistra che non vogliono scegliere se tifare Salvini o Spread. Sulla legge di Bilancio di Giovanni Tria, ad esempio, le posizioni sono più sfumate di quelle che Carlo Cottarelli dispensa su Raiuno in quota progressis­mo tecnico. Persino nel Pd. È il caso di Francesco Boccia, già “lettiano” e oggi candidato segretario: “A parte che i governi non si cacciano con lo spread, ho letto che il Pd ha presentato un’altra contromano­vra proponendo, con Marattin, di abbassare il deficit. Solo che se la ricetta è questa ricordo che è quel che abbiamo fatto finora e il debito è aumentato”. In so- stanza, dice l’ex presidente della commission­e Bilancio, “il problema non è il deficit, ma la sua composizio­ne: le maggiori spese andrebbero concentrat­e in investimen­ti e abbassamen­to delle tasse sul lavoro. Su questo il Pd dovrebbe fare la sua battaglia, proponendo al governo un patto anti-spread per mettere Bruxelles con le spalle al muro. Certo questi pasticcion­i gialloverd­i sono troppo deboli per accettare”. E come si sta, invece, in un partito che all’ingrosso tifa per Juncker e la clava dei mercati sull’Italia? “È dura. C’è la solitudine di chi deve dire che la Commission­e Ue sta sbagliando e farlo nel congresso di un partito che ormai è quasi solo apparato e in cui, dunque, la fedeltà alla cordata viene prima di tutto. Dopo un po’ sentirsi dire nei corridoi ‘hai ragione ma non posso dirlo’diventa stancante”.

Anche Stefano Fassina, deputato di quel che resta di LeU, conosce la sensazione: “Persino le forze politiche che dovrebbero avere come scopo la tutela del lavoro continuano ad essere schiacciat­e sulle logiche liberiste”. E poi ci sono i media: “Sono gran parte della difficoltà di far emergere un’altra posizione perché vo- gliono raccontare un mondo in cui non c’è alternativ­a: o si fa come prima o si va a sbattere. Il Corriere della Sera l’ha scritto persino in un editoriale”. E infine c’è il governo, “che facendo cazzate aiuta quelli che tifano spread e finisce per confermare la narrazione secondo cui non c’è alternativ­a”.

La tesi sulla manovra è: “Forzare il Fiscal Compact è necessario. Tuttavia, forzare non implica mani libere. Il governo, date le condizioni della nostra finanza pubblica, non può permetters­i di andare avanti come nulla fosse”. La proposta, in sostanza, è spostare buona parte della mag- giore spesa prevista “su investimen­ti pubblici in piccole opere”, quelli che si fanno prima e incidono di più sul Pil.

Un paradosso poco notato è che solo formazioni di sinistra ( Die Linke, France insoumise) si sono schierati con la scelta italiana sul deficit, mentre gli alleati di Salvini in Austria o Ungheria chiedono punizioni esemplari: “Non mi stupisce e questo sarà ancor più evidente dopo le Europee: la candidatur­a di Weber a capo della Commission­e consolida il sistema di potere e interessi dell’ultimo trentennio. Il Ppe, dopo aver spolpato i socialisti, farà l’accordo coi nazionalis­ti per lo status quo. Un accordo a perdere per l’Italia”.

ANCHE FUORI dal Parlamento c’è chi da sinistra si oppone tanto al governo che alla “penosissim­a sinistra dello spread”. Giorgio Cremaschi, ex sindacalis­ta Fiom e oggi dirigente di Potere al Popolo: “La Ue e i suoi fanatici rivendican­o tutto l’impianto delle politiche di austerità, che in Grecia hanno distrutto il paese e in Italia, oltre ai danni sociali che viviamo, hanno fatto crescere enormement­e il debito pubblico”, ha scritto su MicroMega. La manovra, dunque, è da bocciare perché fa poco (finto reddito di cittadinan­za, impianto della Fornero confermato) e perché è già pronta per la retromarci­a: “Ora il governo risponde alle accuse Ue con le privatizza­zioni, cioè al liberismo con più liberismo”.

Un patto anti-spread: maggiori spese in investimen­ti e meno tasse sul lavoro FRANCESCO

BOCCIA Sì a forzare le regole Ue, ma le cazzate del governo aiutano il partito dello spread STEFANO FASSINA

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Ansa/LaPresse Affinità Giovanni Tria e, a destra, Boccia, Fassina e Cremaschi
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