Bankitalia: “Sos spread” Moody’s: “Pace con Ue”
Minoranze Boccia (Pd): “La manovra è sbagliata, ma non per il 2,4%” Fassina (LeU): “I media lasciano credere che non c’è alternativa al rigore”
Ormai, dove una volta c’era pure un po’ di politica, è tutta narrazione e, se possibile, semplificata. In questi mesi abbiamo “populisti vs Europa”, declinata sentimentalmente a seconda della squadra per cui si tifa. Sui temi economici, la versione di chi sta all’opposizione e dei grandi media è: “I populisti ci porteranno a sbattere contro il buon padre di famiglia abbassa il debito”.
RACCONTO bambinesco che ha, pubblico a parte, soprattutto una vittima: quei pezzi di sinistra che non vogliono scegliere se tifare Salvini o Spread. Sulla legge di Bilancio di Giovanni Tria, ad esempio, le posizioni sono più sfumate di quelle che Carlo Cottarelli dispensa su Raiuno in quota progressismo tecnico. Persino nel Pd. È il caso di Francesco Boccia, già “lettiano” e oggi candidato segretario: “A parte che i governi non si cacciano con lo spread, ho letto che il Pd ha presentato un’altra contromanovra proponendo, con Marattin, di abbassare il deficit. Solo che se la ricetta è questa ricordo che è quel che abbiamo fatto finora e il debito è aumentato”. In so- stanza, dice l’ex presidente della commissione Bilancio, “il problema non è il deficit, ma la sua composizione: le maggiori spese andrebbero concentrate in investimenti e abbassamento delle tasse sul lavoro. Su questo il Pd dovrebbe fare la sua battaglia, proponendo al governo un patto anti-spread per mettere Bruxelles con le spalle al muro. Certo questi pasticcioni gialloverdi sono troppo deboli per accettare”. E come si sta, invece, in un partito che all’ingrosso tifa per Juncker e la clava dei mercati sull’Italia? “È dura. C’è la solitudine di chi deve dire che la Commissione Ue sta sbagliando e farlo nel congresso di un partito che ormai è quasi solo apparato e in cui, dunque, la fedeltà alla cordata viene prima di tutto. Dopo un po’ sentirsi dire nei corridoi ‘hai ragione ma non posso dirlo’diventa stancante”.
Anche Stefano Fassina, deputato di quel che resta di LeU, conosce la sensazione: “Persino le forze politiche che dovrebbero avere come scopo la tutela del lavoro continuano ad essere schiacciate sulle logiche liberiste”. E poi ci sono i media: “Sono gran parte della difficoltà di far emergere un’altra posizione perché vo- gliono raccontare un mondo in cui non c’è alternativa: o si fa come prima o si va a sbattere. Il Corriere della Sera l’ha scritto persino in un editoriale”. E infine c’è il governo, “che facendo cazzate aiuta quelli che tifano spread e finisce per confermare la narrazione secondo cui non c’è alternativa”.
La tesi sulla manovra è: “Forzare il Fiscal Compact è necessario. Tuttavia, forzare non implica mani libere. Il governo, date le condizioni della nostra finanza pubblica, non può permettersi di andare avanti come nulla fosse”. La proposta, in sostanza, è spostare buona parte della mag- giore spesa prevista “su investimenti pubblici in piccole opere”, quelli che si fanno prima e incidono di più sul Pil.
Un paradosso poco notato è che solo formazioni di sinistra ( Die Linke, France insoumise) si sono schierati con la scelta italiana sul deficit, mentre gli alleati di Salvini in Austria o Ungheria chiedono punizioni esemplari: “Non mi stupisce e questo sarà ancor più evidente dopo le Europee: la candidatura di Weber a capo della Commissione consolida il sistema di potere e interessi dell’ultimo trentennio. Il Ppe, dopo aver spolpato i socialisti, farà l’accordo coi nazionalisti per lo status quo. Un accordo a perdere per l’Italia”.
ANCHE FUORI dal Parlamento c’è chi da sinistra si oppone tanto al governo che alla “penosissima sinistra dello spread”. Giorgio Cremaschi, ex sindacalista Fiom e oggi dirigente di Potere al Popolo: “La Ue e i suoi fanatici rivendicano tutto l’impianto delle politiche di austerità, che in Grecia hanno distrutto il paese e in Italia, oltre ai danni sociali che viviamo, hanno fatto crescere enormemente il debito pubblico”, ha scritto su MicroMega. La manovra, dunque, è da bocciare perché fa poco (finto reddito di cittadinanza, impianto della Fornero confermato) e perché è già pronta per la retromarcia: “Ora il governo risponde alle accuse Ue con le privatizzazioni, cioè al liberismo con più liberismo”.
Un patto anti-spread: maggiori spese in investimenti e meno tasse sul lavoro FRANCESCO
BOCCIA Sì a forzare le regole Ue, ma le cazzate del governo aiutano il partito dello spread STEFANO FASSINA