Il Cinepanettone sa di muffa
Tornano Boldi&C: sembra il 2005
Qualcosa
è cambiato, anzi, no. Tredici anni dopo è come 13 anni prima. Mario Draghi è a capo di una Banca, allora d’Italia (venne nominato il 29 dicembre), ora la Centrale europea; il governo, era il Berlusconi III, traballa; Natale, beh, per dirla con il Riccardo Garrone delle prime V ac a nz e va nz i ni ane, ancora non “se lo semo levato dalle palle”. Però, abbiamo fatto progressi, quantomeno razionalizzato, correggendo con pigra tautologia il Tancredi del Gattopardo: “Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto non cambi”.
Qualcosa è cambiato, anzi, no. Tredici anni dopo è come 13 anni prima. Mario Draghi è a capo di una Banca, allora d’Italia (venne nominato il 29 dicembre), ora la Centrale europea; il governo, era il Berlusconi III, traballa; Natale, beh, per dirla con il Riccardo Garrone delle prime Vacanze vanziniane, ancora non “se lo semo levato dalle palle”. Però, abbiamo fatto progressi, quantomeno razionalizzato, correggendo con pigra tautologia il Tancredi del Gattopardo: “Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto non cambi”. Si fa prima, e si risparmia sull’entropia.
Al cinema e succedanei sembra davvero di essere nel 2005 e, forse, siamo nel 2005: Christian De Sica e Massimo Boldi hanno un film insieme sotto l’albero, Leonardo Pieraccioni ha un film anche lui, il cinepanettone vive e lotta con noi. Pare Good Bye, Lenin!, l’Ostalgie di Cipollino, invece è Ritorno al futuro, e il futuro è Natale a 5 stelle, l’ariete di Netflix per far breccia nell’immaginario collettivo tricolore. Siamo noi italiani così irrimediabilmente vecchi, per quel che vediamo e dunque siamo, che anche il colosso dello streaming s’è dovuto rassegnare: se vuole sfondare da Trieste in giù, serie autoctone ( Suburra , Baby) e pugni nello stomaco (il film sul caso Cucchi Sulla mia pelle) non bastano, tocca impiattare su schermo il più stantio, depauperato e vilipeso dei (sotto)generi patri, il cinepanettone. Alla faccia della novità, s’intende, ma la società di Reed Hastings è in buona compagnia.
“AMICI COME PRIMA”. D avanti alla macchina da presa la premiata coppia Boldi & De Sica mancava proprio dal 2005, da Natale a Miami, l’ultimo posto al sole di un sodalizio tra i più munifici del nostro cinema. Regia di Neri Parenti, altro campione di specialità, rastrellò al botteghino la cifra siderale di 21 milioni e 249mila euro: la reunion Amici come prima, in sala dal 19 dicembre con Medusa, li vedrà col telescopio, si capisce. Sono incassi che oggi nemmeno sappiamo immaginare, figuriamoci replicare. Nel cast Regina Orioli, Lunetta Savino e Maurizio Casagrande, Christian dirige Boldi e se stesso in un pastiche di equivoci cafonal, copie conformi, scopiazzamenti arditi – da Plauto a Mr s. D ou bt f ir e, c’è l’i mb a ra zz o della scelta, e non solo quello – e passatismo ridanciano: lui direttore, Cipollino proprietario d’hotel, l’arrivo di nuovi soci cinesi ne sconvolgerà le vite, costringendoli a soluzioni en travesti.
Tra coazione a ripetersi e accanimento terapeutico, l’operazione “come eravamo” è insieme canto del cigno, revanscismo e peana cinepanettonico, roba da esegeti e filologi. La locandina di sublime, trashi ssima bruttura è promessa di felicità, e i fan duri e puri già si spellano le mani: se son peti… e avete capito.
“SE SON ROSE”. Il 16 dicembre del 2005 Pieraccioni licenziava in sala Ti amo in tutte le lingue del mondo, scritto con il sodale Giovanni Veronesi, interpretato con la bella Marjo Berasategui, nonché Panariello, Ceccherini, Papaleo e Guccini: anche qui, botteghino appartenente a un’altra era geologica, 20 milioni e rotti di euro. Tredici anni dopo, come gli succede da qualche tempo, l’attore e regista fiorentino si scansa dall’agone natalizio, e anticipa: Se son roseesce con Medusa il 29 novembre, ma non muta il canovaccio, giacché son sempre amore e altri disastri, rimpianti ed equivoci, con un filo di tristezza e uno sbaffo di ma- linconia in capo al Leonardo nazionale. Nell’ensemble di ex con cui riprovarci troviamo Michela Andreozzi, Antonia Truppo, Claudia Pandolfi e Gabriella Pession, ma più che altro deve ritrovarsi lui, Pieraccioni: amor vincit omnia, sì, ma al box office?
“NATALE A 5 STELLE”. O tempora o mores, sicché il presidente del Consiglio Massimo Ghini in visita ufficiale in Un- gheria deve eccepire: “Ho capito, mica son Renzi”. Tra cadaveri eccellenti, qui pro quoa uso singolo e amorazzi a una piazza e mezza, “il primo film italiano di Natale di Netflix” (sic) arriva sulla piattaforma, e solo lì, il 7 dicembre, con la regia di Marco Risi, la sceneggiatura di Enrico Vanzina – e la dedica allo scomparso fratello Carlo – e un cast di aficionados: Ricky Memphis, Martina Stella, Paola Minac- cioni, Massimo Ciavarro, Biagio Izzo. Cinepanettone dalle larghe intese (produce Lucky Red con lo zampino di RTI, ovvero Mediaset), a veicolare l’inteso, ehm, “pizzico pepato di pungente satira politica”, è la tresca del premier con una giovane onorevole dell’opposizione: insomma, sarà pure il governo del cambiamento, ma non esageriamo.