“Mi picchiavano perché meridionale Canto la resistenza di chi è rifiutato”
Distratti, incuranti, con la curva dell’attenzione che fa lo slalom in alta montagna: C’è qui qualcosa che ti riguarda, nome che Patrizia Laquidara ha deciso di dare al suo ultimo disco, sembra essere un richiamo all’attenzione, alla necessità di riappropriarsi della responsabilità, invece di scrollarsela via come goccioline di pioggia fina. “Volevo un titolo diretto, così come lo è la copertina dell’al- bum, con una foto di me che punto negli occhi chi guarda” racconta la cantautrice, spiegando che quel brano – title track di appena 50 secondi, in apertura – vuole essere “un manifesto trasformativo e alchemico”. Quel “qui” sta per “quei luoghi di scarto, di rifiuto, dove siamo abituati a vedere solo dolore”. Lì, secondo lei, c’è la rinascita e questo vale tanto per i luoghi interni che per quelli esterni, quelli degli ultimi.
IL CUORE MILITANTE pulsa: “C’è bisogno di resistenza, in questo periodo. Con alcune colleghe ci diamo il buongiorno proprio dicendoci‘ resistenza e luce ’. Credo chela cultura sia importante: quella che parla di memoria, di storia”. La stessa storia “che non riusciamo ad assimilare, perché ancora non si riesce a capire che la predominanza non porta da nessuna parte”. Adesso Patrizia ha davanti agli occhi “una realtà più complessa”, ma che assomiglia a qualcosa che co- nosce e che ha “semplicemente cambiato obiettivo”. Nata in Sicilia, a quattro anni si è trasferita a Vicenza con la famiglia: “Ricordo molto bene quanto io e i miei cari ci sentissimo ‘ f uo r i’ da tutto, per quanto dimostrassimo il contrario rispetto a ciò che tutti pensavano. Alle elementari, venivo messa negli angoli e picchiata”. I compagni le dicevano “sei simpatica, peccato che tu sia siciliana. Non puoi parlare”. Nessuno muoveva un dito, “neanche i docenti meridionali”. Anche questo, racconta, le ha donato un senso di giustizia e la profonda convinzione che “al di là di
Ripartiamo da storia e cultura Ancora non capiamo che la predominanza non porta da nessuna parte
quello che promuove la politica, i sentimenti legati alla pancia e l’innalzamento dei muri non risolvono i problemi complessi”. E come un filo rosso, sembra ricomparire il senso del titolo del disco: Qui c’è qualcosa che ti riguarda. Un disco complesso, pieno di suoni differenti che si accoppiano e ogni tanto stridono, volontariamente. Fatto di mille policromie, richiede più ascolti e
quella partecipazione attiva che Laquidara ha chiesto a chi ha sovvenzionato il disco con uncrowd fu n
ding.Laris posta è andata oltre le aspettative, nonostante le lunghe spiegazioni rivolte ai fan :“Musicraiser (la piattaforma perla raccolta fondi, ndr), offriva indicazioni sul tipo di post e di linguaggio da usare, ma su questo mi sono sempre imposta. Volevo abitare quello spazio alla mia maniera, anche se non sembrava quella adeguata”. E lei lo sa, quando può costare non sentirsi adeguati. È quello che ha vissuto nei sette anni trascorsi dalla precedente uscita discografica, che pure
ha riempito di live e altre attività, dalla recitazione alla scrittura. “Il mio penultimo disco, Il Canto dell’A n
guana, mi è costato cose, collaborazioni, rapporti. Mille volte mi sono sentita smarrita, davanti agli abissi, fuori dai giochi”. Poi, dalle ceneri, è tornata. “Raffinata” come sempre, per usare l’aggettivo che più spesso le viene attribuito: “A me fa tanto ridere: io mi vesto a caso, sbaglio i colori, mi vedo sciatta e penso di non sapermi sistemare i capelli ogni volta che mi vedo in foto. E anche cantando, spesso in alcuni passaggi urlo, come avrebbe fatto una mondina”.
Mi vesto a caso, sbaglio i colori, mi vedo sciatta, spettinata. Eppure vengo definita una ‘raffinata’