La gran lezione ambientalista smonta l’euforia da Black Friday
Caro Fierro, sono sopravvissuto al delirante e mefitico Black Friday consacrato allo shopping scontato che a Milano ha avuto il suo tripudio: tv, radio, giornali, web, manifesti ovunque. Un placcaggio mediatico implacabile, roba da All Blacks. Hanno iniziato due settimane fa; non sazi hanno prolungato venerdì sino a ieri sera: 72 ore di corsa all’acquisto. Il Grande Fratello della spesa compulsiva. Mettici pure che durante il Black Friday della Madonnina, a rendere uggiosa l’atmosfera ci ha pensato una giornata bigia, con una molesta pioggerellina: insomma, Milano come la immaginate da Roma in giù. Il grigio emporio d’Italia assaltato da torme fameliche di consumatori in orgasmo, arrivati fin dalla Russia (li avrà invitati il Trump del Giambellino?).
POTEVA
mancare la... scontata contestazione? No. Infatti qualcuno ha condannato lo scialo consumistico, presunto toccasana dell’economia (semmai, dei negozianti): Greenpeace. Con un enorme, beffardo pacco regalo sistemato vicino piazza San Babila, che del quadrilatero d’oro è il simbolo spendereccio e spandereccio. Confezionato come i pacchi di Natale, col fiocco rosso e il biglietto: “Il regalo che il Pianeta non vuole”.
Come mai? Semplice. Il pacco era realizzato con rifiuti di plastica recuperata. L’associazione ambientalista ha previsto 300 iniziative analoghe in 30 Paesi. Una campagna simbolica, ideata da tre studenti belgi che hanno vinto il concorso creativo di Arts Thread e Greenpeace per la Make Something Week, settimana di sensibilizzazione per dire che “il pianeta non è usa e getta”. E una lezioncina ecologica: il Black Friday “pr omuove un modello di consumismo sfrenato che sta soffocando il pianeta. Compriamo oggetti che restano nelle nostre vite per poco, ma che danneggeranno la Terra per secoli”. Finirà come sempre: una fotonotizia sui giornali. In attesa delle compere di Natale. A Milano, precedute dalla fiera degli O Bej O Bej di Sant’Ambrogio.