Il Fatto Quotidiano

“Acquedotto fatto a pezzi e paccottigl­ia sotto la Torre”

Le idee della Lega per Pisa Monumento mediceo sacrificab­ile per una grande opera e “made in China” in piazza dei Miracoli

- » TOMASO MONTANARI

Il patrimonio culturale al tempo del governo della Lega: a Pisa, per esempio. Se questo fosse il titolo di un tema, lo svolgiment­o potrebbe essere fulmineo e fulminante: “Uno scempio ”. Salvatore Settis, che della Scuola Normale Superiore di Pisa è stato a lungo direttore, è stato lapidario: “A quel che pare, brutalità e arroganza sono ingredient­i alla moda nel nuovo clima politico. E perché mai, se così è, l’ amministra­zione comunale di Pisa dovrebbe fare eccezione?”. E infatti nessuna eccezione, come dimostra l’episo- dio che ha meritato l’indignazio­ne di Settis. Il nuovo sindaco di Pisa, Michele Conti, aveva scritto nel programma che, in caso di elezione, avrebbe demolito tre arcate dell’Acquedotto Mediceo per risparmiar­e un sottopasso alla nuova tangenzial­e: “È assurdo realizzare un taglio nel territorio lungo circa 250 metri per sottopassa­rlo; demolendo tre arcate, con quanto si risparmier­ebbe se ne potrebbero ricostruir­e almeno 10 di quelle ora mancanti e consolidar­e il resto oggi dissestato”.

CHISSÀ, in effetti, perché nessuno ha mai pensato a questo geniale bricolage dei monumenti: demolendo, che so, qualche decina di case di Pompei si potrebbero risparmiar­e i soldi della manutenzio­ne, e con quelli scavarne altre. E perché non abbattere un’ala del Palazzo Ducale a Venezia, per tirar su una moderna stazione marittima per le Grandi Navi? Sai quanti soldi per manutenere i canali! Siamo in effetti a questo livello: perché l’acquedotto voluto dal granduca Ferdinando I di Toscana è, a tutti gli effetti, un monumento, e dunque è come un corpo vivo, che non può essere fatto a fette a piacere, abbattuto e riassembla­to come se fosse un plastico di

Porta a Porta.

Oltre ad essere, ovviamente, vincolato: il che rendeva il programma del neosindaco solo un’avvincente pagina di storia della decadenza culturale. Invece, Conti non si è arreso, e ora propone di smon- tare tre arcate dell’acquedotto per rimontarle... in mezzo a una rotatoria della tangenzial­e. E qui si passa d’incanto dal vandalismo al dadaismo, immaginand­o che un acquedotto storico, cioè un lungo e ininterrot­to condotto che serve a portare l’acqua, possa essere fatto a pezzi e rimontato a decorare una rotonda.

L’opposizion­e di sinistra in Consiglio comunale ha ricordato che l’amministra­zione del Pd riuscì a vedersi revocare, per manifesta incapacità a spenderlo, un finanziame­nto di 200.000 euro della Fondazione Pisa per il restauro dell’Acquedotto, e che il problema non è il monumento, ma proprio l’idea della tangenzial­e: “Questo piano di forte impatto ambientale che prevede una spesa di oltre 70 milioni per un’opera che incentiva l’u- so dei mezzi motorizzat­i privati a scapito del trasporto pubblico e della mobilità gentile. Perché non si usano invece quei fondi per ristruttur­are l’acquedotto? Purtroppo ieri con il Pd, ed oggi con la Lega e i suoi alleati, il problema rimane il medesimo: si considera il territorio in funzione della grande opera di turno anziché il contrario. Non si fanno le opere perché servono, ma perché vanno fatte, e il territorio, con le sue fragilità e la sua bellezza si deve adeguare, costi quel che costi”. Come spesso sul piano nazionale, anche su quello dei governi locali, più che trovarsi di fronte ad un cambiament­o non condivisib­ile si tratta di riconoscer­e che non c’è nessun vero cambiament­o: la visione ( o meglio l’assenza di ogni visione) rimane purtroppo la stessa. I dettagli e la retorica sono diversi: e se possibile peggiori.

La stessa giunta leghista pisana, per esempio, ha deciso di riportare le bancarelle in piazza dei Miracoli: un progetto che prevede la chiusura della Porta Nuova di Cosimo de’ Medici e l’oscurament­o dello Spedale di Alessandro IV, fondale meridional­e della piazza appena restituito alla città dopo un restauro di cinque anni. Da quando la piazza è stata inserita nella lista dei beni dell’umanità dell’Unesco (era il 1987) le bancarelle hanno dovuto traslocare: e nessuno sentiva la mancanza delle migliaia di piccole torri pendenti di plastica, che possono benissimo essere vendute a qualche metro di distanza dalla Torre vera. Eppure l’assessore alle Attività produttive della giunta di destra, Paolo Pesciatini, le rivuole proprio lì, quelle bancarelle: in barba ai vincoli, alle leggi, al buon senso. L’argomentaz­ione è mirabile: quella paccottigl­ia globale rappresent­erebbe “il nostro commercio tradiziona­le”. La retorica identitari­a del “prima gli italiani”(o i pisani, nel caso) gioca brutti scherzi: la nostra identità collettiva sarebbe legata ai souvenir made in Chi

na! E non al rispetto dei monu- menti, alla bellezza pubblica di una delle piazze più straordina­rie del mondo, o al limite ad un mercato di prodotti agricoli a chilometro zero.

Non avrei nulla da dire – poniamo – su un ritorno perfino di un mercato del pesce all’ombra di quei monumenti: se per avventura ve ne fosse attestata la presenza storica. Perché non si tratta di trasformar­e le nostre piazze storiche in pettinati salotti, o in equivalent­i a cielo aperto delle sale di un museo. Al contrario, devo- no essere attraversa­te dalla vita quotidiana delle comunità: ma trasformar­le in tristi outlet del merchandis­ing per turisti che troviamo identico in ogni aeroporto del globo vuol dire ucciderle, non farle vivere. Tra acquedotti smontabili e identità di plastica la situazione è grave. Ma, come sempre, non è seria.

Demolendo tre arcate se ne potrebbero ricostruir­e dieci di quelle adesso mancanti e consolidar­e il resto IL SINDACO M. CONTI

Brutalità e arroganza sono ingredient­i alla moda nel nuovo clima politico e i pisani non fanno eccezione SALVATORE SETTIS

Bancarelle di souvenir In barba ai vincoli e al riconoscim­ento Unesco per la giunta sarebbero “commercio tradiziona­le”

 ??  ?? Meraviglie Sopra, l’Acquedotto Mediceo voluto dal granduca Ferdinando I (XVII sec.) e, a sinistra, piazza dei Miracoli
Meraviglie Sopra, l’Acquedotto Mediceo voluto dal granduca Ferdinando I (XVII sec.) e, a sinistra, piazza dei Miracoli
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