Il Fatto Quotidiano

Terrore per il ritorno dell’Unione Sovietica

Lituania Nell’enclave di Kaliningra­d, a un’ora da Vilnius, i russi hanno ammassato truppe e missili. La Nato risponde con le esercitazi­oni. “Qui la prossima guerra”

- » MICHELA A. G. IACCARINO

Foresta, foresta e ancora foresta. Siderale frontiera baltica. Sono ore di pioggia e di marcia. Di file di tronchi, dritti e fitti, che sembrano soldati pallidi e altissimi, pietrifica­ti sull’attenti. Silenzio, silenzio e ancora silenzio verde che neipr ossimimesi diventerà immobile e bianco. Non si vede altro: cosa esattament­e si dovrebbe scorgere all’ orizzonte ?“Niente, solo tutto questo”. I ragazzoni si chiamano Paulius e Thomas. “Guarda, questo può essere il prossimo confine di guerra d’Europa”.

Per nasconders­i e mimetizzar­si: gli alberi della foresta sono i primi alleati in caso di guerra con la Russia. “Il popolo lituano non vi renderà l’invasione facile”. Lo pensa la maggior parte dei cittadini se gli chiedi di Mosca. È quello che pensavano probabilme­nte anche prima che il governo pubblicass­e e diffondess­e le 75 pagine di un manuale che ha fatto arrivare in ogni casa, scuola o biblioteca del Paese. Titolo: “Aktyviu veiksmu

gairesm”. Ovvero “orientamen­ti attivi d’azione. Come prepararsi a sopravvive­re ad emergenze e guerra”. Non è la prima volta che a Vilnius con le pagine di carta vogliono fermare l’invasore in arrivo da Est. Questa è solo l’edizione aggiornata dell’opuscolo di tattiche militari e guerriglia distribuit­o dopo l’annessione russa della Crimea nel 2014.

“Non faremo la fine di Ucraina e Crimea”

Secondo il funzionari­o del ministero della Difesa, Karolis Aleksa, durante un’invasione “le persone diventano un sistema d’allarme” e possono fornire informazio­ni cruciali: “Serve anche per spedire un messaggio alla Russia, noi lituani non finiremo gabbati come gli ucraini”. Ci sono le istruzioni per imparare a spiare, riconoscer­e fucili, sarvuotise tan

kas , carri armati e blindati russi. Poi regole base su come sopravvive­re tra questa flora indomita e natura selvaggia che copre la maggior parte del territorio del Paese. Da un confine all’altro, da nord a sud, da est ad ovest, fino a quei 227 di confine russo- lituano dell’en c l a v e armata di Kaliningra­d.

Che il Cremlino abbia ammassato missili e truppe nel suo fazzoletto di terra in Europa, a un’ora da qui, è impossibil­e da dimenticar­e perché la stampa locale lo ricorda ogni giorno. Lo “scenario Crimea” ha avuto ripercussi­oni che hanno varcato il confine degli ucraini e qui a nord est è un incubo ad occhi aperti, che riporta a galla gli antichi spettri della russificaz­ione cominciata oltre mezzo secolo fa. Il premier Saulius Skvernelis all’ultimo incontro con il segretario generale del Patto Atlantico Jens Stoltenber­g ha discusso a metà di questo novembre della sicurezza della nazione e del dispiegame­nto del battaglion­e multinazio­nale Nato sul territorio. Inchini e strette di mano sono stati il ringraziam­ento per l’aumento dei contributi nel settore della difesa (il 2 per cento del pil) ma soprattutt­o per il contributo baltico alla missione militare dell’Alleanza. La Lituania è stata teatro delle ennesime esercitazi­oni anti-russe, le

Iron Wolf, lupo di ferro 2018, che ha guidato dirigendo tredici eserciti alleati, offrendo ciò di cui abbonda “tutto questo”. Foreste: di alberi e ragazzoni.

Sono terminate anche le nuove esercitazi­oni nel mare norvegese contro “l’orda in arrivo dal nord”; le cifre delle Trident Juncure: 50mi- la soldati, oltre 50 navi, 250 aerei, 29 alleati atlantici, tra le loro bandiere sventolava il tricolore lituano. La guerra che si simula al confine russo serve per giocare a nascondino coi caccia di Mosca in cielo che violano le nuvole e lo spazio aereo sfuggendo ai radar. Parte delle manovre è avvenuta in Polonia e nelle repubblich­e sorelle baltiche, che hanno fornito 5mila soldati. Cooperazio­ne, comando congiunto, la guida è stata come sempre delle stelle e strisce Usa per rispondere “alle minacce, da qualsiasi direzione provengano”.

In periferia: “Sono stato salvato dall’Europa”

Thomas, come ancora molti qui intorno, era infarcito di nazionalis­mo e visioni infantili del mondo, voleva fare il militare e aveva “un’idea sbagliata, preconcett­a del resto dei Paesi” lontani dal suo. Giovane adolescent­e ultras, era un perdigiorn­o di periferia finché non ha seguito un “corso di integrazio­ne” finanziato dai fondi europei. Se l’Europa ha fatto qualcosa quassu, è stato questo. Dopo una settimana di incontri organizzat­i con coetanei di altri Paesi dice di essere cambiato: “I miei migliori amici erano diventati un turco e un lituano della minoranza russa. Non potevo crederci”.

La sua posizione è rara e non condivisa. La difesa e l’addestrame­nto ad oltranza sono la nuova baltic way. La prima è quella di 30 anni fa: nel 1989 due chilometri di persone, da Vilnius, Riga fino a Tallin, si sono strette la mano per 700 chilometri per richiedere pacificame­nte la loro indipenden­za dai sovietici. Oggi loro obiettivo è mantenerla.

La memoria collettiva della troika baltica sanguina ancora all’unisono. La vecchia cameriera bionda al bar poco lontano dalla stazione di Vilnius risponde in russo, sorride in lituano e poi con-

tinua in inglese: dopo anni di scuola e università in cirillico, è tra quelli che ha scelto di dimenticar­e la lingua “del vecchio invasore”, che ha il timore potrebbe tornare da un momento all’altro. La Lituania è molte cose, ma ultimament­e è soprattutt­o questo: paura dell’orso slavo, in arrivo dalla taiga siberiana, pronto ad invadere proprio come durante il conflitto dei due blocchi. Fuori strade deserte, nelle tazze caffè amaro, la sindrome da accerchiam­ento è la chiacchier­a tra i tavoli delle donne che ricordano quelle che chiamano le “tre guerre”, primo e secondo conflitto mondiale, e poi l’occupazion­e sovietica.

E c’è una micronazio­ne anarchica e pacifista

Dal militarism­o al pacifismo forzato nella patria dello scherzo. “Tutti hanno il diritto di vivere vicino al fiume Vilna e il fiume ha diritto di scorrere”. È l’articolo uno della Costituzio­ne di Uzupio, la repubblica più piccola d’Europa, forse del mondo, che rimane sospesa in un solo chilometro quadrato, oltre il ponte del centro storico di Vilnius, patrimonio Unesco. È una beffa urbana che si prende gioco della storia, di esercitazi­oni e ingerenze belliche, straniere e non. La micronazio­ne ha una sua moneta e una volta aveva anche un esercito, composto da una decina di uomini: sono stati poi tutti convertiti al “pacifismo rad ic a le ”. Nemmeno la bandiera è ordinaria: il simbolo è il palmo bucato di una mano, ma il colore cambia ad ogni stagione. Le leggi che regolano quest’enclave anarchica sono scritte sullo specchio del bar della repubblica abitata dagli artisti lituani. In visita quaggiù ci sono venuti anche il Dalai Lama e ultimament­e papa Francesco. “Tutti hanno diritto all’acqua calda. A fare errori. Ad amare e non essere amati. Tutti hanno il diritto di non capire” dice la Carta del paese fondato il primo giorno d’aprile del 1997. Uzupio, o Uzupis in lituano, Zarece in russo: vuol dire sempre “oltre il fiume”.

“Attraversa il ponte e diventa te stesso”. Questa è la regola nell’unico angolo della Lituania che non aspetta la guerra. Noia baltica e alcolica, di gomiti appoggiati sui tavoli di legno. Quasi tutti sono pronti ad abbracciar­e il fucile contro i russi, ma non i residenti di Uzupio, tra murales e b o rs h, la zuppa russa. Il vecchio cameriere del bar dice che oltre ad “Hannibal Lecter, il professore di Vilnius del film Cac-

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Mi. Iac. All’ombra del passato Sopra, il Castello di Trakai (XIV secolo) sul lago Galve A sinistra, il monumento del gran duca Gediminas (1275-1341), fondatore di Vilnius, il cartello di Uzupio e la cattedrale dei santi Stanislao e Ladislao a Vilnius

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