Cambia la manovra, ma il deficit finale resta al 2,4%
Il vertice Reddito minimo e Quota 100 ritardati ma si punta a tenere i 4 miliardi risparmiati “per gli investimenti”
Sul quadro di massima tutti d’accordo, i saldi della manovra verranno ridotti di circa 4 miliardi. Sulle modalità pure, rimandando l’avvio di alcune misure (Reddito di cittadinanza) e usando finestre temporali che dilatino le altre (la Quota 100). Ma sul come usare i risparmi il governo si prende ancora un po’ di tempo. Per ora, a quanto risulta al Fatto, la possibilità di ridurre anche formalmente il deficit che la manovra porta al 2,4% del Pil nel 2019 non è l’obiettivo dell’esecutivo, mentre si punta a farlo calare solo nei fatti, riducendo per un anno la portata delle misure ma lasciando intatta la cornice contestata da Bruxelles.
IL DETTAGLIO non è marginale, ed è stato al centro del vertice di ieri sera a Palazzo Chigi officiato dal premier Giuseppe Conte, Luigi Di Maio e Matte Salvini insieme al ministro dell’Economia Giovanni Tria.
Il quadro di massima è questo. Ieri sui mercati si sono abbassate le tensioni finanziarie sul debito italiano. Segnale positivo dopo l’apertura del governo, seguita alla cena di sabato di Conte e Tria con il presidente della Commissione Ue Jean Claude Juncker, sulla possibilità di rivedere i numeri della manovra. Tutti nell’esecutivo ribadiscono che “non è questione di decimali”. Conte ha detto che portare il deficit al 2,2% del Pil “vale 3,6 miliardi”. Il dilemma è un altro: inserire quel numero nei documenti pubblici di bilancio consegnati a Bruxelles o spostare solo i soldi su altri capitoli di spesa. “Andranno dirottati sugli investimenti”, ha spiegato ieri il premier. Versione confermata a fine vertice. Qual è la differenza? Nel primo caso, magari portando il deficit al 2,1% (servono 5,4 miliardi) la Commissione potrebbe evitare di aprire la procedura di infrazione per debito che è pronta ad avviare. Il governo si priva però di qualsiasi margine di manovra in caso la crescita dovesse, come pare, rallentare ancora. Nel secondo caso, riduce di poco, e per un anno, la portata della legge di Bilancio, ma non la cornice a cui guarda la Commissione. L’esito sarà l’avvio della procedura ma, vista la mano tesa da Roma, con tempi “più dilatati”, per usare le parole del premier. E così scaval- lare le elezioni europee di maggio e spostare il peso della correzione sul 2020. Al momento, risulta al Fatto, è questa l’ipotesi a cui lavora la maggioranza.
V ED IA MO i numeri. Il governo non ha mai fatto mistero che la spesa di alcune misure sarà più bassa del previsto. Ora è pronto a metterlo nero su bianco. Come? Il reddito di cittadinanza (costo 9 miliardi) partirà dal primo aprile e il risparmio stimato dai tecnici vale 2,2 miliardi. Per Quota 100, la parziale modifica della riforma Fornero, verranno usate finestre temporali per ritardare l’uscita dal lavoro dei beneficiari, con un risparmio di 1,7 miliardi sui 7 del costo totale. Le misure arriveranno per decreto entro fine anno. In questo modo il governo otterrà circa 4 miliardi di risparmi e, quindi, di minor deficit de facto. Ma, senza modificare i documenti di bilancio Bruxelles avvierà la procedura. L’avvio formale sarà l’Ecofin del 22 gennaio ma, vista la trattativa in corso, potrebbe slittare a febbraio. E così i tempi concessi all’Italia per mettersi in regola. Tirate le somme, il governo prenderà tempo, rinviando la resa dei conti a dopo le elezioni europee. Una strategia rischiosa ma che ha l’avallo compatto di Lega e M5S. Se le cose dovessero andare male, resta l’opzione di accontentare Bruxelles. Che piace a Conte, Tria e pure al ministro degli Affari europei Paolo Savona.
L’effetto
Col disavanzo al 2,1% l’Ue non avvia l’infrazione Viceversa, si dilateranno solo i tempi