Il Fatto Quotidiano

Uccide un ladro dopo 38 furti: la destra fa la ola

Il gommista Pacini dormiva armato in azienda, Salvini lo chiama. La vittima aveva 29 anni

- » ANTONIO MASSARI Inviato a Monte S. Savino (Arezzo)

■ L’imprendito­re dormiva armato nella sua azienda: i colpi sparati al buio, muore moldavo di 29 anni. Solidariet­à del capo della Lega

Vitalie Tonjoc era un ladro. Era moldavo e aveva 29 anni. È morto in un angolo buio della provincia di Arezzo. S’è accasciato nella zona industrial­e di Monte San Savino. Azzoppato. Due colpi di pistola alle gambe. È riuscito a riattraver­sare la porta che aveva violato, sfondandon­e il vetro, armato di un piccone un cacciavite e una torcia. Dopo gli spari, ha provato a fuggire. Aveva ancora un proiettile tra il femore e il ginocchio. E la gamba bucata da un lato e dall’altro. Ma l’istinto di scappare l'ha avuto. E neanche una goccia di sangue ha lasciato. Voltato l'angolo però, è caduto. Erano le 3.47 della notte. Vitalie Tonjoc era un ladro e ora è qualcosa in più. Anche Fredy Pacini fino a ieri era solo un gommista 57enne stanco dei furti. E oggi è qualcosa in più. E il suo capannone ora è il sipario che apre la scena: qui il governo si gioca un'altra battaglia.

In mattinata il telefono di Fredy squilla: oltre al sindaco, ai suoi concittadi­ni che domani sera faranno una fiaccolata (per lui, non per la vittima), oltre a un gruppo Facebook che in poche ore conta migliaia di aderenti, c’è Matteo Salvini che gli porta la sua solidariet­à. In ballo c’è la riforma della legittima difesa. E un Paese che dovrà scegliere da che parte stare, quella di chi vuole estendere il diritto di difendersi sparando o quella di chi teme morti inaccettab­ili. E allora torniamo alla scena del crimine. Sono le 3.47 quando Fredy Pacini ha appena esploso cinque colpi con la sua Glock 9.21, i bossoli sono a terra. Dorme nel capannone da anni, per proteggerl­o dai ladri. Dice di aver subìto 38 tentativi di furto. Ne ha denunciati almeno sei dal 2014. Una decina dal 2008. Due andati a segno. Una volta ci ha rimesso 30 mila euro di biciclette.

COSÌ da qualche anno ha montato un divano sul soppalco del suo capannone, tra quintali di pneumatici e biciclette, e l'officina da gommista s’è trasformat­a nella stanza in cui dorme. Con una pistola da tiro a portata di mano. Vitalie e un compare arrivano poco dopo le 3.30. Le finestre non hanno alcuna protezione. Non una grata. Non una saracinesc­a. E neanche un impianto di videosorve­glianza. C’è solo Fredy con la sua pistola. Se Vitalie avesse almeno guardato su Facebook, se preparando il piano si fosse informato, l’avrebbe saputo che Fredy era armato e dormiva lì dentro. Tutti in paese lo sanno. E anche fuori. L’ha detto e ridetto anche nelle interviste alle tv locali, Fredy, che la notte dorme lì, pronto a sparare. È stato il suo modo di spaventare i ladri.

Ma evidenteme­nte Vitalie e il suo compare non lo sanno. E così con un piccone rompono il vetro, poi aprono la porta dall’i nterno, e sono già dentro per rubare. Fredy sente il rumore dei vetri. Si sveglia. Dalla sua finestra in alto guarda la scena. E spara. Uno. Due. Tre. Quattro. Cinque. Spara dall’alto e mira basso. Alle gambe. Le porte sforacchia­te lo dimostrano: neanche un colpo verso la testa e il torace. Uno dei compari riesce a scappare. E i carabinier­i guidati dal colonnello Giovanni Rizzo lo stanno cercando. Vitalie ha la gamba sinistra ferita, corre fuori, volta l'angolo. Fredy non lo vede più. Scende. Crede che sia fuggito e chiama i carabinier­i: “Ho subìto una rap ina”. Poi esce anche lui. Pochi metri più in là lo vede: Vitalie è per terra. Richiama i carabinier­i, che lo mettono in contatto con il 118, perché Vitalie è ancora vivo. Ma solo per poco. I medici ar- rivano intorno alle 4.15, tentano di rianimarlo, ma lui muore in ambulanza. Neanche una goccia di sangue per terra. Eppure potrebbe essere morto per un'emorragia dell'arteria femorale. Lo dirà l'autopsia.

ORA FREDY è indagato dalla procura di Arezzo – inchiesta condotta dal procurator­e capo Roberto Rossi e dal pm Andrea Claudiani – per eccesso colposo di legittima difesa, un atto dovuto, come sempre in questi casi, anche a garanzia dell’indagato che potrà così nominare un consulente per l’autopsia. Vitalie – dirà Fredy ai carabinier­i nell'immediatez­za – non l’aveva minacciato con armi da fuoco o altro. Lui s’è spaventato e ha sparato. E il suo avvocato Alessandra Cheli, mentre Fredy s’appresta a passare l’ennesima notte nel suo capannone, spiega che il suo assistito è “umanamente provato per quel che è accaduto” ma “giuridicam­ente e moralmente si sente a posto”.

Venerdì Fredy sarà ascoltato dalla Procura, se vorrà raccontare la sua versione, mentre l'autopsia spiegherà com'è morto Vitalie. Le luci calano. E il capannone torna quello di sempre. Con Fredy sul soppalco che affronta la notte. Eppure, vien da pensare, se alle finestre ci fossero state soltanto due o tre sbarre, Vitalied sarebbe sempre un ladro. Ma vivo. Fredy non sarebbe sotto inchiesta. E questa notte non avrebbe il suo fantasma da combattere.

Il personaggi­o Aveva raccontato la sua storia in tv Ha esploso cinque colpi, due alle gambe. Tutto il paese è con lui

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Ansa Esterno della rivendita di gomme e bici di proprietà di Fredy Pacini
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