Tria ricorda le colpe del Pd (e convince Monti)
Il ministro: “Gentiloni aveva preso impegni con l’Ue poco realistici per i prossimi tre anni”
Giovanni
Tria - dacché s’è capito che fa il ministro del governo M5S-Lega e non di quello Pd-Forza Italia - non gode di buona stampa. Eppure ieri in Senato, dove ha riassunto in modo assai vago lo stato della trattativa con l’Europa sulla manovra, non se l’è cavata male e ha persino fatto risuonare in quell’aula alcune ovvietà che, stante il livello disastroso del dibattito, risultano quasi rivoluzionarie.
IN SOSTANZA, ha detto il ministro dell’Economia, la manovra prende un deficit al 2% a fine 2018 (effetto della manovra di Padoan e Gentiloni) e si limita ad alzarlo di 4 decimali stante che il Parlamento all’unanimità ha votato per non aumentare l’Iva (12,5 miliardi di entrate che avrebbero portato il disavanzo all’1,2%). Insomma, si tratta di una manovra “moderatamente espansiva” nel senso che la maggiore spesa pubblica avrà una qualche incidenza positiva sul Pil.
Questo bilancio moderatamente espansivo è stato pensato per alzare il ritmo della crescita, finora metà di quello degli altri Paesi Ue e motivo per cui “oggi siamo ancora lontani dal livello del Pil di dieci anni fa, dal livello di disoccu- pazione di dieci anni fa e che, di conseguenza, è aumentata in modo insopportabile l’a rea della povertà, mentre, al contempo, non si è né raggiunto l’obiettivo di riduzione del debito, né il pareggio di bilancio”. Ora peraltro, ha aggiunto Tria, si osserva “un rallentamento dell’economia europea e italiana che ci ha posto davanti alla necessità di contrastare tale dinamica negativa da subito”.
Insomma, “l’obiettivo è affrontare i problemi concreti non fare un affronto all’Europa o organizzare l’u s ci t a dall’euro”. D’altra parte va trovato un modo di rasserenare la Commissione, con cui - ha detto il ministro - si tenta di trovare un accordo sulla base di una modesta riduzione delle spese 2019 per reddito di cittadinanza e quota 100 sulle pensioni: andrà valutato se destinare questi risparmi a investimenti pubblici (“cro lla ti quest’anno all’1,9% del Pil a fronte del 3% pre-crisi”) o a una riduzione del deficit. È in corso con Bruxelles “un dialogo intenso” per “individuare una possibile posizione condivisa nel rispetto delle priorità del governo”. Tradotto: la manovra non sarà stravolta.
SULL’EVENTUALE procedura contro l’Italia, peraltro, Tria ha per la prima volta messo i piedi nel piatto: “Serve un’ operazione verità”. Tutto nasce, ha ricordato, dalla decisione di maggio dalla Commissione, che non sanzionò l’Italia “in base al profilo di aggiustamento strutturale proposto dal precedente governo per il triennio 2019- 2021, profilo chiaramente poco realizzabile”. Tradotto: il governo Gentiloni promise un impossibile pareggio di bilancio a tappe forzate quando già non aveva alcun futuro. E non solo: oggi si chiede uno sforzo irrealizzabile mentre la crescita rallen- ta, ma “non possiamo dimenticare che l’Italia ha beneficiato della politica monetaria espansiva dal 2015” e che il Quantitative easing ha comportato un risparmio nella spesa per interessi “stimato in circa 35 miliardi di euro”, sprecato “in gran parte per finanziare la stagione dei tanti bonus” (vedi governo Renzi).
Il dibattito in aula è stato quel che ci si aspetta in questi casi: non entusiasmante. Va segnalato, però, il voto a favore sulla relazione di Tria da parte di Mario Monti: “Ho rilevato con interesse gli elementi di novità rispetto alle precedenti posizioni del governo e considero tali elementi di novità non già come segni di cedimento all’Ue o alle pressioni dei mercati, bensì come segno di un’evoluzione verso un esercizio più responsabile, realistico e proficuo della sovranità nell’interesse nazionale”.
Grazie al Qe l’Italia ha risparmiato 35 miliardi di interessi sul debito sprecati in gran parte per pagare la stagione dei tanti bonus