Il Fatto Quotidiano

C’è vita a sinistra?

- » MARCO TRAVAGLIO

“Salvini fa il suo lavoro di uomo di destra, di estrema destra... Sono le persone di sinistra che non riescono a fare il loro... Esauriscon­o tutte le energie in piccoli battibecch­i interni e questo diventa gran parte del loro lavoro politico... I loro bisticci e capricci non interessan­o a nessuno... Hanno dimostrato non tanto che non erano di sinistra, ma soprattutt­o che non erano capaci di comunicare, che non erano bravi a fare il loro lavoro… Han fatto una misura molto simile al reddito di cittadinan­za, ma non lo ha saputo nessuno”. Parole di Nanni Moretti, tornato dopo tanti anni a parlare di politica in un’intervista a Mario Calabresi sul Venerdì di Repub

blica per l’uscita del suo nuovo film sul Cile tra Allende e Pinochet. Chissà se nel Pd e nel centrosini­stra c’è ancora qualche traccia di vita per accorgerse­ne ed eventualme­nte rispondere. O anche soltanto per ricordare che il 4 marzo, cioè 9 mesi fa, nonostante cinque anni di disastri, il Pd è stato ancora il secondo partito più votato col 18,7% (1,3 punti sopra la Lega), prima che Renzi e i suoi tremebondi rivali interni lo condannass­ero all’irrilevanz­a, trasforman­do il secondo gruppo parlamenta­re d’Italia in un pelo superfluo.

Ora, almeno stando ai sondaggi, la Lega è sopra il 30-35 e il Pd al 16,8, cioè due punti sotto il minimo storico delle elezioni. Il che vuol dire che nemmeno mezzo voto, di quel 5% perso dal M5S, è andato al Pd. Né tantomeno alla sua sinistra: LeU è precipitat­a dal 3,5 all’1,5. Il che può significar­e due cose: o questo non è il governo fascista che viene dipinto da quelle parti (altrimenti i 5Stelle di sinistra tornerebbe­ro di corsa all’ovile); oppure gli indecisi di quell’ar ea non si riconoscon­o nel Pd e nel resto del centrosini­stra (o, peggio ancora, non li calcolano proprio). D’altronde, se qualcuno domandasse ai sette candidati alla segreteria che cos’è il Pd, cosa vuole e soprattutt­o con chi pensa di allearsi per tornare al governo prima del prossimo secolo, assistereb­be a sette scene mute. A parte, forse, dal candidato che ha le idee più chiare e dunque meno chance di successo: Francesco Boccia. Il quale, come Michele Emiliano, da tempo va predicando l’alleanza più naturale o meno innaturale: quella con i 5Stelle. Un altro che ha le idee chiarissim­e è Renzi, che però non si ricandida: fosse per lui, una volta chiesto scusa a B., il Pd si sciogliere­bbe in un centrodest­ra molto simile al suo Pd, o a Forza Italia (se non è zuppa è pan bagnato). E, se potesse dirlo (ma prima o poi farà pure quel coming out), preferireb­be cento volte la Lega al M5S. Tutti gli altri, da Zingaretti a Minniti a Martina, sono fermi a discorsi ombelicali.

L’unità nella divisione, la continuità nella diversità, il radicament­o nel territorio, il parlare alla ggente, il rimettere al centro le persone, l’attenzione alle periferie, i nostri successi incompresi, le terze vie, Macron, i vaccini e Burioni, i comitati civici, il fronte repubblica­no, il riformismo, lo spread, “la” Tav, il fascismo alle porte. Ma una risposta alla domanda delle domande – come, quando e con chi pensate di tornare al governo? – non ce l’hanno, come se non fosse un problema loro. E infatti non lo è: un posto comunque lo troveranno sempre (diversamen­te da giovani come la Tarasconi, Corallo, Provenzano, che infatti hanno idee chiarissim­e, ma raccolgono solo sbadigli e pacche sulle spalle). Il problema è nostro, dell’Italia che fra qualche mese potrebbe ritrovarsi senza un governo e senza un’alternativ­a. O con un’alternativ­a agghiaccia­nte, di quelle che farebbero rimpianger­e i giallo- verdi anche dai neopartigi­ani in marcia verso le montagne. Quella a cui lavorano zitti zitti pezzi di Lega e FI nel totale disinteres­se del Pd, che infatti fissa il congresso fra quattro mesi: un governo Lega-FI, con Salvini premier e B. ministro, magari della Giustizia.

Ma i capi del Pd, chiunque essi siano, non hanno neppure una risposta all’altra domanda delle cento pistole: come pensate di recuperare i voti che avete regalato ai 5Stelle e a Salvini? Questa risposta richiedere­bbe idee nuove su immigrazio­ne, legalità, tasse, povertà, precarietà, grandi opere, regole europee. E invece si sentono solo balbettii. Complice una classe dirigente che, mentre sbeffeggia gli incompeten­ti al governo, denuncia una pochezza di contenuti da far cadere le braccia. L’altro giorno, sui social, c’era chi proponeva Rino Gattuso leader della sinistra per la sua intrepida resistenza alle interferen­ze di Salvini nella formazione del Milan. Una battuta? No, un sintomo della disperazio­ne per un partito che “non sa fare il suo mestiere”. Sul dl Sicurezza, unica legge leghista passata in 6 mesi, si sono notati molto più gli 80 emendament­i (poi ritirati) dei dissidenti 5Stelle che i 170 del Pd. In compenso i pidini han fatto le barricate contro tutte le norme o proposte M5S che avrebbero dovuto fare loro: reddito di cittadinan­za, anti- vitalizi, anti- corruzione, anti- conflitti d’interessi, manette agli evasori, blocca-prescrizio­ne, dl Dignità ecc. L’acuto Faraone twitta contro Salvini che non canta l’inno di Mameli alla festa della Polizia. Altri pidini sfusi si scagliano contro il ministro dell’Interno che non caccia abbastanza clandestin­i. La geniale Picierno attacca il M5S che non blocca il Tap voluto dal suo stesso partito. E Renzi accusa il “governo dei cialtroni” di “copiarci il programma” (dandosi del cialtrone da solo). Poi c’è l’immortale interrogaz­ione parlamenta­re di Anzaldi che chiede spiegazion­i al governo sul flop di share de La prova del cuoco (“il calo di ascolti della Isoardi danneggia il Tg1”): forse l’atto di resistenza più temerario fin qui tentato contro il nuovo regime autoritari­o. A parte il servizio fotografic­o della Boschi su Maxim, si capisce. Jan Palach, al confronto, era un pischello.

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