Il Fatto Quotidiano

Pil giù dello 0,1% Manovra, da Ue segnali di disgelo

Nel terzo trimestre l’economia rallenta (-0,1%) e si allontanan­o gli obiettivi di crescita Segnali di disgelo con Bruxelles. Conte: “Dobbiamo evitare l’infrazione”. Ipotesi taglio di 5 miliardi

- » CARLO DI FOGGIA

La

notizia è pessima, ma destinata ad avere un impatto nella trattativa tra governo e Commission­e europea sulla manovra. I cui toni sono sempre più conciliant­i. Nel terzo trimestre 2018, il Prodotto interno lordo torna in calo. Non accadeva dall’inizio del 2014. Ieri l’Istat ha corretto la sua stima flash di metà novembre (crescita ferma), rivelando che il Pil è diminuito dello 0,1% (+0,7% su base annua). Una battuta d’arresto che ha riflessi negativi sulla conclusion­e del 2018 ma anche sulle prospettiv­e per il prossimo anno.

Si tratta del primo ribasso della crescita dopo 14 trimestri positivi dovuto al calo sia dei consumi sia degli investimen­ti. A impattare negativame­nte è insomma la domanda interna (investimen­ti -0,2%, consumi -0,1%) mentre quella estera è lievemente positiva (+0,1%). Il segnale peggiore, come detto, è quello degli investimen­ti, calati nel trimestre dell’1,1% dopo mesi di forte espansione grazie agli sgravi (iper e super ammortamen­to). Una corsa agli incentivi che ora mostra anche un fisiologic­o calo.

Il dato è pessimo per diversi motivi. Il primo è che il rallentame­nto è tutto interno, le famiglie spendono meno e c’è prudenza nel settore industrial­e a programmar­e nuovi investimen­ti in attesa delle misure che il governo vuol mettere in campo. A trainare il Pil non basta l’export, cioè la componente su cui si rischia un rallentame­nto dovuto ai pessimi segnali del commercio globale. Se accadesse, l’Italia entrerebbe in recessione.

Il secondo motivo riguarda le prospettiv­e future. Se nell’ultimo trimestre non si registrass­e alcuna variazione, il 2018 si chiuderebb­e con un Pil a +0,9%, contro una stima del governo dell’ 1,2%. Per centrarla servirebbe una crescita negli ultimi tre mesi dello 0,6%, assai improbabil­e. Questo ha un impatto sia sul deficit, che quest’anno dovrebbe chiudere al 2% (invece che all’1,8%) sia un effetto negativo di trasciname­nto sul 2019, rendendo ancora più difficile c’entrare l’obiettivo del governo (Pil a +1,5%). La crescita cala anche in termini nominali (che inglobano l’inflazione) e questo potrebbe portare il rapporto debito/Pil a salire invece che calare al 130,9%, come stima l’esecutivo.

Sul fronte manovra intanto continuano le trattative con Bruxelles. I segnali sono di disgelo. Il governo parla ormai apertament­e di voler evitare la procedura di infrazione. “Ci pone in difficoltà e continuerà a creare fibrillazi­one nei mercati”, ha spiegato dal G20 di Buenos Aires il premier Giuseppe Conte. “Stiamo facendo progressi, l’atmosfera è buona”, ha ammesso Jean Claude Juncker. L’indicazion­e è, però, netta: “Serve un taglio del deficit credibile”, rispetto al 2,4% del Pil fissato dalla manovra. Il governo smentisce di voler “rimodulare” le misure rinviando a giugno Reddito di cittadinan­za e Quota 100, con un risparmio di 5 miliardi. Porterebbe il deficit al 2,1%, sufficient­e per l’intesa. Rinviando i nodi al 2020. Lo stallo intanto si ripercuote anche sui lavori parlamenta­ri. Quelli sulla manovra sono fermi e il testo non sarà in aula prima di mercoledì.

“Ci sono progressi” Juncker apre ma serve ridurre il deficit

Ed è stallo sui lavori della manovra

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Ansa Istituzion­i Pierre Moscovici e Giovanni Tria

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