Pil giù dello 0,1% Manovra, da Ue segnali di disgelo
Nel terzo trimestre l’economia rallenta (-0,1%) e si allontanano gli obiettivi di crescita Segnali di disgelo con Bruxelles. Conte: “Dobbiamo evitare l’infrazione”. Ipotesi taglio di 5 miliardi
La
notizia è pessima, ma destinata ad avere un impatto nella trattativa tra governo e Commissione europea sulla manovra. I cui toni sono sempre più concilianti. Nel terzo trimestre 2018, il Prodotto interno lordo torna in calo. Non accadeva dall’inizio del 2014. Ieri l’Istat ha corretto la sua stima flash di metà novembre (crescita ferma), rivelando che il Pil è diminuito dello 0,1% (+0,7% su base annua). Una battuta d’arresto che ha riflessi negativi sulla conclusione del 2018 ma anche sulle prospettive per il prossimo anno.
Si tratta del primo ribasso della crescita dopo 14 trimestri positivi dovuto al calo sia dei consumi sia degli investimenti. A impattare negativamente è insomma la domanda interna (investimenti -0,2%, consumi -0,1%) mentre quella estera è lievemente positiva (+0,1%). Il segnale peggiore, come detto, è quello degli investimenti, calati nel trimestre dell’1,1% dopo mesi di forte espansione grazie agli sgravi (iper e super ammortamento). Una corsa agli incentivi che ora mostra anche un fisiologico calo.
Il dato è pessimo per diversi motivi. Il primo è che il rallentamento è tutto interno, le famiglie spendono meno e c’è prudenza nel settore industriale a programmare nuovi investimenti in attesa delle misure che il governo vuol mettere in campo. A trainare il Pil non basta l’export, cioè la componente su cui si rischia un rallentamento dovuto ai pessimi segnali del commercio globale. Se accadesse, l’Italia entrerebbe in recessione.
Il secondo motivo riguarda le prospettive future. Se nell’ultimo trimestre non si registrasse alcuna variazione, il 2018 si chiuderebbe con un Pil a +0,9%, contro una stima del governo dell’ 1,2%. Per centrarla servirebbe una crescita negli ultimi tre mesi dello 0,6%, assai improbabile. Questo ha un impatto sia sul deficit, che quest’anno dovrebbe chiudere al 2% (invece che all’1,8%) sia un effetto negativo di trascinamento sul 2019, rendendo ancora più difficile c’entrare l’obiettivo del governo (Pil a +1,5%). La crescita cala anche in termini nominali (che inglobano l’inflazione) e questo potrebbe portare il rapporto debito/Pil a salire invece che calare al 130,9%, come stima l’esecutivo.
Sul fronte manovra intanto continuano le trattative con Bruxelles. I segnali sono di disgelo. Il governo parla ormai apertamente di voler evitare la procedura di infrazione. “Ci pone in difficoltà e continuerà a creare fibrillazione nei mercati”, ha spiegato dal G20 di Buenos Aires il premier Giuseppe Conte. “Stiamo facendo progressi, l’atmosfera è buona”, ha ammesso Jean Claude Juncker. L’indicazione è, però, netta: “Serve un taglio del deficit credibile”, rispetto al 2,4% del Pil fissato dalla manovra. Il governo smentisce di voler “rimodulare” le misure rinviando a giugno Reddito di cittadinanza e Quota 100, con un risparmio di 5 miliardi. Porterebbe il deficit al 2,1%, sufficiente per l’intesa. Rinviando i nodi al 2020. Lo stallo intanto si ripercuote anche sui lavori parlamentari. Quelli sulla manovra sono fermi e il testo non sarà in aula prima di mercoledì.
“Ci sono progressi” Juncker apre ma serve ridurre il deficit
Ed è stallo sui lavori della manovra