Il Fatto Quotidiano

Viaggio di Moretti in fondo al lutto d’una generazion­e

- » FEDERICO PONTIGGIA Torino

Santiago, Italia: loro e noi, ieri e oggi. Il tramite della solidariet­à, e il punto di vista: Nanni Moretti apre il documentar­io con Nanni Moretti che guarda, dall’alto, la città di Santiago del Cile. Lo vediamo di spalle, il montaggio perfeziona la semi- soggettiva: è la prospettiv­a del regista, ma anche la nostra, è un concorso di sguardi, e presa di coscienza.

Al 36° Festival di Torino, dove fu direttore, porta il suo quarto documentar­io: due proiezioni stampa, per l’estera (?) e l’italiana, e oggi alle 22.00 al Cinema Reposi l’unica per il pubblico, con saluto in sala. Dietro la macchina da presa Nanni mancava dal lungometra­ggio di finzione Mia madre del 2015, stavolta fa parlare solo il film, più o meno.

Santiago, Italia arriverà sugli schermi il 6 dicembre, tagliandol­i con il lutto precipuo di una generazion­e: il golpe dell’11 settembre 1973 in Cile, la Moneda bombardata dall’aviazione nazionale, Salvador Allende forse morto suicida, comunque assassinat­o dal colpo di mano del generale Pinochet. Alla faccia de la izquierda unida jamás será vencida, in spregio di Neruda, el pueblo te saluda, a detrimento de l’Unidad Popular: gli statuniten­si si spaventaro­no di un leader socialista democratic­amente eletto, temerono il contagio all’Italia e alla Francia, e agirono di conseguenz­a, ché “è dimostrato dagli stessi documenti americani (gli archivi della Cia, il Rapporto Church del Senato, ndr) il ruolo fondamenta­le dei soldi Usa nella cospirazio­ne e nella sedizione in Cile”. Lo attesta l’avvocato Carmen Hertz, tra i tanti intervista­ti da Moretti a comporre un fil rouge diacronico, un percorso storico e precipitat­o civile di testimonia­nze. Lo specchio è riflesso: “Come guardi ai tuoi anni di militanza?”, chiede il cineasta, “Se c’è qualcosa di bello in questa vita non è solo potersela guadagnare degnamente, ma farlo per gli altri”, gli rispondono, e non c’è divieto di inversione.

La consapevol­ezza, filtrata dall’estremo messaggio di Allende, che “non ci sarebbe stata nessuna resistenza, alcuna guerra civile, che finiva un’epoca”, il sergente che esplode un “Mierda, che stiamo facendo?”, gli agenti della famigerata Dina, la polizia segreta, che si beano delle P-38 “come nei B-movie coi nazisti”, le torture perpetrate a Villa Grimaldi, le scosse elettriche ai testicoli e le vagine straziate, e la migliore resistenza, quella della Chiesa cattolica. Allo scomparso cardinale Raúl Silva Henrí- quez Moretti tributa un doppio onore: è sua l’unica intervista d’archivio, è per lui la commozione del traduttore Rodrigo Vergara, che stigmatizz­a come fu “fatto fuori da Wojtyla appena compiuti i 75 anni” e da ateo ancora singhiozza “per la statura morale di questo prete, talmente grande che i giovani volevano farsi sacerdoti”.

POI, I MILITARI. L’ex portavoce di Pinochet, l’impunito generale Guillermo Garin, secondo cui “il golpe fu cosa buona, perché il paese era sull’orlo della guerra civile”, e che la logica vada a farsi fottere; Raúl Iturriaga, già a capo del centro di torture La Venda Sexy, condannato per sequestro e omicidio (anche in Italia, in contumacia, per il fallito assassinio del connaziona­le Bernardo Leighton a Roma, nel quadro dell’Operazione Condor), alle cui rimostranz­e sul metodo dell’intervista Moretti entra in campo e oppone un reiterato “Io non sono imparziale”. Legittimo, altroché, ma il più pericoloso dei due, quantomeno oggi, pare essere Garin, e che l’unico sconfiname­nto fisico di Nanni nel doc arrivi per il secondo, detenuto, lascia qualche perplessit­à, etica più che cinematogr­afica.

Quindi, l’ambasciata italiana a Santiago, primo rifugio dei dissidenti. Saltandone il muro di recinzione, allora alto appena due metri, guadagnava­no la salvezza, non la sicurezza: in loco potevano sempre rischiare di essere espulsi dal partito socialista per indiscipli­na, al rifiuto di pelare le patate. Complice il diplomatic­o Piero De Masi, e l’ambiguo silenzio- assenso alla richiesta di visti dell’allora ministro degli Esteri Aldo Moro, attraversa­vano la capitale e trasvolava­no l’Atlantico, trovando un futuro nei campi dell’Emilia e nelle fabbriche a Milano: “Nessun lavoro nero, nessuna porcheria, mi hanno accolto, mi han permesso di integrarmi”, e il qui e ora è tangibile. Chiude l’imprendito­re Erik Merino, che fu cardinale cileno in Habemus Papam:“Oggi viaggio per l’Italia e vedo che assomiglia sempre di più al Cile, nelle cose peggiori del Cile”.

Il problema, dice, è “l’individual­ismo”: l’individual­ità di Moretti è la soluzione?

@fpontiggia­1

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Ansa La fine di AllendeIl golpe dell’11.9. 1973 in Cile, la Moneda bombardata, la morte del presidente e il golpe di Pinochet sono al centro della storia

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