BRUNO CAGLI, IL “FORMATORE” ROSSINIANO
Con Bruno Cagli scompare il vero iniziatore della Rossini Renaissance ispiratagli, come diceva sempre con modestia, dal direttore d’orchestra fiorentino Vittorio Gui, e realizzata con un altro grande studioso rossiniano, l’ebreo americano Philip Gossett, mancato poco più di un anno fa. Che Bruno chiamò a Pesaro quale principale collaboratore appena nominato direttore artistico di una rinnovata Fondazione Rossini dal presidente, un “miliardario rosso”, l’industriale laterizio Wolframo Pierangeli. Questi l’aveva scoperto su Paese Sera leggendo una anomala (una pagina intera) quanto bellissima recensione firmata soltanto “Vi c e ”. Era il giovane Bruno Cagli laureatosi con Luigi Ronga con una tesi su Gioachino a Roma al tempo del Belli (citato sempre, con ironia).
S OP R AT T UT TO Bruno e Philip concepirono e avviarono la “follia organizzata” delle edizioni critiche dei circa 80 titoli rossiniani. Che oggi sono già una quarantina, pronte per essere messe in scena o suonate. Ricostruire cioè l’opera che Rossini stesso aveva mandato in scena in forma definitiva. Una avventura in cui si inserisce la riscoperta dello smagliante Viaggio a Reims, cantata per 14 prime parti, sepolta nella biblioteca di Santa Cecilia e lì ritrovata da Gossett. Nell’81 Cagli fu anche il direttore della primissima edizione del Rossini Opera Festival (ROF) di Pesaro, che gemmava direttamente dalle edizioni critiche (quell’anno, L’inganno felice). Ma a livello locale gli venne imposto di scegliere e scelse la Fondazione diretta poi per un quarantennio rivitalizzando il Bollettino di studi, organizzando convegni e mostre planetarie ( quella del Bicentenario 1792-1992 rimane memorabile), scrivendo libri e saggi. Ma pure radiodrammi per il Terzo Program- ma Rai, e con uno vinse il Prix Italia, occupandosi a lungo dell’Accademia Filarmonica di Roma animata da una dama di ferro, romanissima nelle battute, Adriana Panni. Da Pesaro partivano programmi di lavoro per musicologi, per lo più giovani, di tutto il mondo sotto la regia di Cagli (i coniugi Brauner, Janet Johnson, Paolo Fabbri, Stefano Castelvecchi, Elisabeth Bartlet, Daniela Tortora e tanti altri) e traeva origine il monumentale carteggio rossiniano curato da Bruno e da Sergio Ragni, incredibile collezionista napoletano, con un apparato unico di note e di indici per generi, giunto ora al quarto grande volume. Intanto però Cagli assumeva incarichi importanti. Diventava direttore artistico dell’Opera di Roma. Un triennio 1987-89 davve- ro aureo con la “prima” moderna della splendida Zelmira, direttore il giovane Evelino Pidò, con un cast stellare: Cecilia Gasdia, Chris Merritt, Rockwell Blake. Poi la non meno magnifica Er mione, protagonista una intensa Anna Caterina Antonacci. All’Opera aveva cominciato le coraggiose selezioni previste dal contratto per orchestrali, coristi e ballerini. Purtroppo si arenarono sul caviglione di un ballerino “protetto” da un sottosegretario.
POCO DOPO Bruno se ne andò assumendo un incarico prestigiosissimo, presidente e sovrintendente a Santa Cecilia dove, con alcuni intervalli, doveva rimanere 21 anni, assumendo a 29 anni Daniele Gatti quale direttore principale, in concorrenza con Christian Tielemann. Stagioni formidabili, inventive, il festival Roma-San Pietroburgo, tutti i grandi solisti, sempre opere in forma di concerto, concluse da una memorabile Aida diretta da Antonio Pappano. Nel 2001, direttore del Verdi Festival, guidò il concorso Callas della Rai. Alle semifinali di Busseto (100 voci selezionate da lui fra 1000) sentii l’acuto “vociologo” dare consigli utili, amichevoli, esatti a ogni concorrente. Fra le tante sue virtù di specialista supremo, di intellettuale coltissimo e rigoroso, c’era anche questa capacità umana di formare, indirizzare, educare.