Il Fatto Quotidiano

Il burro di “Ultimo tango” e roghi perduti

- » NANNI DELBECCHI

Come il naso di Cleopatra ha cambiato la storia del mondo, il burro di Bernardo Bertolucci ha cambiato la storia del cinema. Che sarebbe successo se nel frigo del regista di Ultimo tango a Parigi ci fosse stata della margarina, dei tortellini di Giovanni Rana, o addirittur­a delle polpette vegane, ancor prima dell’esistenza dei vegani? Nessuno può dirlo. Ma per fortuna il burro c’era, e da questa decisiva coincidenz­a possiamo trarre non poche conclusion­i. Che Ultimo tango è divenuto il film più vi- sto, più non visto, più discusso di sempre, l’ultimo rogo del Novecento. E a ripensarci viene quasi nostalgia di quei bei roghi di una volta, quando i censori erano orgogliosi delle loro forbici, come il dottor Antonio di Fellini (“Bevete più latte, il latte fa bene…”), mentre in quest’era salutista, vegana e pedante si diffida della correttezz­a politica di Mozart e Da Ponte per il bene dei nostri figli. I roghi, poi, al contrario dei premi, non basta subirli: bisogna meritarsel­i. E Marlon Brando chiuso nella sua sfatta disperazio­ne color cammello, lo smarriment­o senza ritorno, autentico e simulato, di Maria Schneider, l’invettiva contro la famiglia – unica, incrollabi­le dittatura della società italiana – il rogo se lo sono ampiamente meritati. Roba di mezzo secolo fa. L’ultima conclusion­e è la più radicale, come Bertolucci sapeva perfettame­nte, e riguarda quel che resta di quanto abbiamo fatto per sfidare la caducità della vita in nome dell’arte. Giusto un panetto di burro.

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