LA “MIA” SANTIAGO E L’ITALIA CHE NON C’È PIÙ
L’accusa al salvinismo è sull’accoglienza, non sull’essere come Pinochet
Quando Moretti mi ha chiamato, la primavera dell'anno scorso, per intervistarmi nel suo documentario ero compiaciuto e perplesso. Compiaciuto dell'onore, curioso di conoscere da vicino il personaggio, divertito dal passaggio che mi ha dato in Vespa (!). Ma, lo confesso, ero un po’ perplesso sul senso della iniziativa di tornare a parlare del colpo di stato in Cile del 1973. Una storia importante ma del tutto passata. Tra i colpi di stato latinoamericani è stato forse il più "europeo", qualcosa che evocava i soviet, la repubblica spagnola, il 68 in Francia, il 69 in Italia. Forse l'ultimo grande scontro civile (non nazionalista, non etnico, neanche "populista" come in Venezuela) del Novecento. Ma, per l'appunto, del Novecento. Adesso ben altre sono le questioni. All'uscita del documentario, in questo inizio di dicembre 2018, l'attualità e il senso di Santiago, Italia sono stati oggettivamente spostati sul lato italiano della vicenda, sui diplomatici che accoglievano nel giardino della villa dell'ambasciatore, mentre oggi neghiamo i visti sistematicamente ai paesi poveri. Sull'Emilia rossa che trovava tramite il movimento cooperativo e operaio case e lavoro ai profughi cileni, mentre oggi ogni tanto ci sono addirittura le barricate per non accogliere i richiedenti asilo. Di questa esperienza rovesciata, a distanza di anni, sono testimone personale. Ricordo quando gli altri detenuti nello Stadio Nacional trasformato in campo di detenzione si complimentavano con me perchè l'Italia, unico tra i paesi europei, continuava a non riconoscere la giunta militare. E viceversa, di pochi giorni fa, a Zarzis in Tunisia ricordo l'imbarazzo quando il leader dei pescatori locali, reduce da tre settimane di carcere in Italia con l’accusa di fa- voreggiamento della clandestinità (poi annullata dal Riesame), mi ha detto come se fosse ormai un dato scientifico assodato che il nostro è diventato il paese più razzista del Mediterraneo. È questa l'accusa che Moretti e il film, soprattutto nelle parole di Rodrigo Vergara, muovono al salvinismo di oggi. Non quella di essere come Pinochet ( non c'entra, nessuno l'ha detto), ma quella di aver completamente contraddetto e capovolto la sensibilità italiana ai diritti umani e alla solidarietà. Certo, immagino già una osservazione. È ben diverso accogliere meno di duemila cileni, ovvero bianchi, in genere colti e politicizzati, in una Italia che non conosceva immigrazione da altri continenti, e accogliere invece centomila ragazzi africani, spesso analfabeti, in un contesto dove c'è chi alimenta paura e xenofobia. Ma perchè un ragazzino del Mali o della Costa d' Avorio, sequestrato denutrito e torturato per il solo fatto di esser andato in Libia, dovrebbe meritare meno aiuto di un professore socialista che sapeva di rischiare un colpo di stato? Torniamo a Santiago, Italia. Ai tempi, appena tornato in Italia, non avevo detto quasi nulla della esperienza della villa dell'ambasciatore trasformata in ostello e accampamento. Da un lato, un gruppo come Lotta Continua non voleva nè poteva complimentarsi con un governo democristiano. Per noi la Dc italiana era comunque sorella quindi complice della Dc cilena che aveva appoggiato, o almeno subìto e tollerato, il golpe. Dall'altra mi era stata raccomandata discrezione per evitare che la straordinaria situazione nella villa dell'ambasciatore diventasse un caso giornalistico, in un momento in cui il ministero non aveva ancora dato istruzioni. Cercai - tramite non so quale sinistra cattolica - il sottosegretario Granelli che mi ricevette a casa sua. Ho guardato il documentario con emozione. Anche la parte che considero "novecentesca", chiusa, non più di attualità, la parabola Unidad Popular Allende Pinochet ha sempre la forza di un dramma collettivo, il fascino intellettuale di interrogativi storico-politici, l'umanità delle persone che non dimenticano le passioni anche quando l'ironia ha preso il posto dell'ideologia. Ancora un volta, dopo tanti anni, riproponiamo questa parabola cilena per un'Italia migliore.
* Giovanissimo apprendista giornalista per "Lotta Continua" in Cile, Paolo Hutter fu arrestato a Santiago dopo il colpo di Stato e detenuto per tre settimane nello Stadio Nacional.
Ho capito perché ho girato ‘Santiago, Italia’ quando Salvini è diventato ministro dell’Interno
NANNI MORETTI