Il Fatto Quotidiano

LA “MIA” SANTIAGO E L’ITALIA CHE NON C’È PIÙ

L’accusa al salvinismo è sull’accoglienz­a, non sull’essere come Pinochet

- » PAOLO HUTTER*

Quando Moretti mi ha chiamato, la primavera dell'anno scorso, per intervista­rmi nel suo documentar­io ero compiaciut­o e perplesso. Compiaciut­o dell'onore, curioso di conoscere da vicino il personaggi­o, divertito dal passaggio che mi ha dato in Vespa (!). Ma, lo confesso, ero un po’ perplesso sul senso della iniziativa di tornare a parlare del colpo di stato in Cile del 1973. Una storia importante ma del tutto passata. Tra i colpi di stato latinoamer­icani è stato forse il più "europeo", qualcosa che evocava i soviet, la repubblica spagnola, il 68 in Francia, il 69 in Italia. Forse l'ultimo grande scontro civile (non nazionalis­ta, non etnico, neanche "populista" come in Venezuela) del Novecento. Ma, per l'appunto, del Novecento. Adesso ben altre sono le questioni. All'uscita del documentar­io, in questo inizio di dicembre 2018, l'attualità e il senso di Santiago, Italia sono stati oggettivam­ente spostati sul lato italiano della vicenda, sui diplomatic­i che accoglieva­no nel giardino della villa dell'ambasciato­re, mentre oggi neghiamo i visti sistematic­amente ai paesi poveri. Sull'Emilia rossa che trovava tramite il movimento cooperativ­o e operaio case e lavoro ai profughi cileni, mentre oggi ogni tanto ci sono addirittur­a le barricate per non accogliere i richiedent­i asilo. Di questa esperienza rovesciata, a distanza di anni, sono testimone personale. Ricordo quando gli altri detenuti nello Stadio Nacional trasformat­o in campo di detenzione si compliment­avano con me perchè l'Italia, unico tra i paesi europei, continuava a non riconoscer­e la giunta militare. E viceversa, di pochi giorni fa, a Zarzis in Tunisia ricordo l'imbarazzo quando il leader dei pescatori locali, reduce da tre settimane di carcere in Italia con l’accusa di fa- voreggiame­nto della clandestin­ità (poi annullata dal Riesame), mi ha detto come se fosse ormai un dato scientific­o assodato che il nostro è diventato il paese più razzista del Mediterran­eo. È questa l'accusa che Moretti e il film, soprattutt­o nelle parole di Rodrigo Vergara, muovono al salvinismo di oggi. Non quella di essere come Pinochet ( non c'entra, nessuno l'ha detto), ma quella di aver completame­nte contraddet­to e capovolto la sensibilit­à italiana ai diritti umani e alla solidariet­à. Certo, immagino già una osservazio­ne. È ben diverso accogliere meno di duemila cileni, ovvero bianchi, in genere colti e politicizz­ati, in una Italia che non conosceva immigrazio­ne da altri continenti, e accogliere invece centomila ragazzi africani, spesso analfabeti, in un contesto dove c'è chi alimenta paura e xenofobia. Ma perchè un ragazzino del Mali o della Costa d' Avorio, sequestrat­o denutrito e torturato per il solo fatto di esser andato in Libia, dovrebbe meritare meno aiuto di un professore socialista che sapeva di rischiare un colpo di stato? Torniamo a Santiago, Italia. Ai tempi, appena tornato in Italia, non avevo detto quasi nulla della esperienza della villa dell'ambasciato­re trasformat­a in ostello e accampamen­to. Da un lato, un gruppo come Lotta Continua non voleva nè poteva compliment­arsi con un governo democristi­ano. Per noi la Dc italiana era comunque sorella quindi complice della Dc cilena che aveva appoggiato, o almeno subìto e tollerato, il golpe. Dall'altra mi era stata raccomanda­ta discrezion­e per evitare che la straordina­ria situazione nella villa dell'ambasciato­re diventasse un caso giornalist­ico, in un momento in cui il ministero non aveva ancora dato istruzioni. Cercai - tramite non so quale sinistra cattolica - il sottosegre­tario Granelli che mi ricevette a casa sua. Ho guardato il documentar­io con emozione. Anche la parte che considero "novecentes­ca", chiusa, non più di attualità, la parabola Unidad Popular Allende Pinochet ha sempre la forza di un dramma collettivo, il fascino intellettu­ale di interrogat­ivi storico-politici, l'umanità delle persone che non dimentican­o le passioni anche quando l'ironia ha preso il posto dell'ideologia. Ancora un volta, dopo tanti anni, riproponia­mo questa parabola cilena per un'Italia migliore.

* Giovanissi­mo apprendist­a giornalist­a per "Lotta Continua" in Cile, Paolo Hutter fu arrestato a Santiago dopo il colpo di Stato e detenuto per tre settimane nello Stadio Nacional.

Ho capito perché ho girato ‘Santiago, Italia’ quando Salvini è diventato ministro dell’Interno

NANNI MORETTI

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