Il Fatto Quotidiano

Ora Macron fa marcia indietro e sconfessa l’austerity targata Ue

La rivolta Il presidente francese congela gli aumenti delle tariffe e ascolta “la collera”. Ma i rivoltosi sono pronti a tornare in piazza

- » SALVATORE CANNAVÒ

La marcia indietro di Emmanuel Macron sui gilet gialli potrebbe non bastare. E non solo perché una parte del movimento ha già annunciato che non si accontenta e sfilerà comunque a Parigi l’8 dicembre, non solo perché la protesta ha contagiato gli studenti che lunedì hanno dato vita a 100 blocchi in tutto il Paese, ma perché il bersaglio vero della rivolta, come segnala Le Monde, è proprio lui, il presidente della Repubblica. “Macron démission”, il grido che caratteriz­za le piazze, è più di uno slogan, è un orizzonte politico che vorrebbe rimettere in discussion­e l’ordine istituzion­ale uscito dalle elezioni del 2017. E per questo stesso motivo la protesta non riguarda solo la Francia, ma l’Europa: in discussion­e c’è infatti la politica generale seguita dall’Unione e che ha prodotto uno scollament­o, in Francia quanto mai visibile, tra “l’alto” e il “basso”, il “Re” come ormai i giornali definiscon­o Macron, e il “popolo”.

AUMENTI CONGELATI. Ieri il presidente ha congelato gli aumenti di carburante e si è spinto anche ad annunciare il blocco delle bollette elettriche. L’annuncio è stato fatto dal primo ministro Eduard Philippe– “Abbiamo ascoltato la collera dei francesi, l’unità civile non può essere messa in discussion­e da una tassa”– ma è stato dettato dallo stesso Macron che ha ricevuto all’Eliseo un rappresent­ante dei gilet gialli. Tentativo, questo, di una divisione del movimento articolato tra un’ala molto dura e una parte, non si sa quanto ampia, che potrebbe accettare il dialogo.

La protesta è chiarament­e sfuggita di mano e interpella il modo in cui Macron si è fatto paladino delle riforme economiche e del “cambiament­o” che ha promesso in ogni angolo del Paese. Nei locali della redazione di Media pa r t , il giornale internet francese diretto da Edwy Plenel, non hanno dubbi su questo aspetto: “La traiettori­a di Macron assomiglia molto a quella del ‘vostro’ Matteo Renzi, una parabola ascendente fondata sulle promesse fatte e poi una caduta improvvisa, dopo che le promesse non sono state mantenute”. Il ragionamen­to riflette il messaggio che la campagna Macron aveva inviato ai francesi: basta con le vecchie politiche di destra e di sinistra, è venuto il momento di un cambiament­o radicale. E invece si è andato avanti con lo stesso schema.

Le avvisaglie di quanto sta accadendo del resto erano state ampiamente descritte non tanto dai partiti di opposizion­e – Rassemblem­ent Nationaldi Marine Le Pencerca di intestarsi la protesta così come la France Insoumise di Jean-Luc Mélenchon, con risultati non incoraggia­nti – ma dall’establishm­ent di cui Macron è espression­e.

VIVA I RICCHI. Il giornale economico Les Echos pubblicava nel maggio di quest’anno un rapporto dell’Ofce, l’Osservator­io francese sulla congiuntur­a economica, che diceva alcune semplici cose: le misure economiche favoriscon­o il 5% più ricco dei francesi e danneggian­o, soprattutt­o per l’aumento del prezzo dei carburanti e per il contestual­e aumento delle sigarette, il 5% più povero. Macron si è distinto, infatti, per l’abolizione dell’Imposta di solidariet­à sulle fortune (Isf, una sorta di patrimonia­le), per l’introduzio­ne di una flat tax sui redditi finanziari, per la riduzione delle tasse sulle società con una riduzione complessiv­a di imposte di circa 15 miliardi a vantaggio di non più di 300 mila contribuen­ti.

Oltre a impattare sul 5% più povero, l’aumento della contribuzi­one sociale, utilizzata per aumentare di poco i salari più bassi, quindi con una redistribu­zione tutta interna al lavoro dipendente, ha toccato in profondità un 25% di classe media che ha visto ridurre il proprio reddito. Il classico Robin Hood alla rovescia che si è visto scaricare addosso la “collera”, come dice Philippe, la stessa con la quale, ora, do- po la rivolta del 1 dicembre, “non si può non discutere”.

Ma lo slogan “Macron demission” non si arresterà. La Francia deve fronteggia­re la rigidità del suo sistema istituzion­ale: il presidente della Repubblica, eletto per 5 anni, inamovibil­e e forte dei suoi poteri, il nuovo “re”, appunto, è anche il capo dell’esecutivo. Di fronte a una protesta uno dei due poli deve cedere. E se cede il “re”, questo potrebbe finire per cadere.

POTERI IN CRISI. La debolezza di Macron però è spia di una crisi profonda dell’es tablishmen­t europeo, lo stesso contro cui si sta scontrando l’Italia. Il governo Conte finirà probabilme­nte per trovare una mediazione onorevole, anche perché a Bruxelles non se la passano bene. Ma la filosofia che regola le politiche economiche europee da oltre venti anni, è messa in discussion­e dalla rivolta dei gilet gialli. Anche perché questi non esprimono classicame­nte la protesta dei tradiziona­li “corpi intermedi”. Costituisc­ono un fenomeno che ancora sfugge all’analisi: classi popolari rurali e dei piccoli centri, eppure in grado, al netto di infiltrazi­oni di estrema destra ed estrema sinistra che ci sono state, di tenere testa alla polizia sugli Champs Elysees. Classe media impoverita con un programma che è difficile definire di destra o di sinistra, ma che più precisamen­te è espression­e del “basso” contro “l’alto”. Il popolo contro il Re. Che oggi ha il volto di Macron, domani potrebbe avere quello di Bruxelles.

UNA VICENDA CHE RIGUARDA L’EUROPA La marcia indietro è un colpo anche per la rigida politica dell’Unione europea, l’altra sconfitta di questa protesta Verso sabato L’ala più radicale pronta a sfidare la polizia l’otto dicembre. Ma il premier invita a restare a casa

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LaPresse Gilet vittoriosi Blocco in piazza
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 ?? LaPresse ?? Macron e la piazzaIl leader di En Marche!. Sopra, scontri a Parigi
LaPresse Macron e la piazzaIl leader di En Marche!. Sopra, scontri a Parigi
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