IL MINISTRO SUPERBULLO ORA GIOCA IN DIFESA
Se Luigi Di Maio piange, certamente Matteo Salvini non ride. Per l’alleato “forte” del governo gialloverde è arrivata la fase delle contraddizioni al momento inestricabili, perdipiù arricchita dall’ennesima e incredibile performance di vicepremier bullo e gaffeur, come la grave anticipazione de ll ’ operazione contro la criminalità nigeriana. E così il ministro mediaticamente più sovraesposto d’Europa (ieri ha praticamente parlato tutto il giorno, tra giornalisti, dirette Facebook e finanche la presentazione del libro di Bruno Vespa) si è all’improvviso trovato a giocare in difesa all’indomani dell’a ttacco confindustriale del fatidico partito del Pil. La reazione di ieri tradisce un notevole nervosismo: “Lasciateci lavorare”.
Perché è inutile girarci intorno: gli ultimatum di Boccia sono una sorta di ultima chiamata alla Lega nazionalista di Salvini in funzione antigrillina. Uno degli imprenditori interpellati in tv ha fatto un esempio chiaro: “Sa lv in i merita il massimo per l’immigrazione ma due per lo sviluppo”. A questo, si sommano i dolenti mal di pancia dei governatori leghisti del Nord (in particolare Zaia) ormai insofferenti al contratto del cambiamento sottoscritto da Lega e Cinquestelle. È l’ampio fronte che reclama le opere pubbliche. Ambienti di governo riferiscono che Salvini avrebbe in mente di risolvere la grana Zaia offrendogli un posto da commissario europeo. Ma il problema non è il destino personale dell’attuale governatore del Veneto. Piuttosto sono i milioni di voti che il Capitano ha rastrellato in tutto il Nord. Scaricare completamente su Conte la trattativa con Bruxelles sulla manovra è stata un’abile mossa tattica (una foto con Juncker, Salvini non l’avrebbe mai fatta) ma lui e la Lega cominciano ad avere il fiato corto. E gli effetti della marcia dell’8 dicembre rischiano di essere annullati già il 13, quando a Milano ci sarà un’altra grande manifestazione del partito del Pil, organizzata dalle piccole imprese.