Corruzione, per gli italiani è un fatto normale
Secondo un focus di Libera solo per il 20% degli intervistati è utile votare politici onesti
“Il
problema non sono la mafia e i corrotti, siamo noi. Possibile che gli italiani non riescano a cambiare le cose? Il tema non è la legalità ma la responsabilità di ciascuno di noi nel denunciare”. Don Ciotti, il fondatore d el l’as s oc ia zi one Libera, continua a ripeterlo da decenni. Ma la difficoltà nell’innescare quel meccanismo virtuoso non c’è stato e, almeno nell’immediato, non ci sarà perché troppo di- versa resta la sensazione a pelle che si prova rispetto al concetto di integrità o di corruttibilità lungo lo Stivale. È questa la foto dalle tinte fosche scattata dal Rapporto “LiberaIdee” su percezione e presenza della corruzione in Italia presentato da Libera in occasione della Giornata Internazionale contro la Corruzione. Il focus si basa su oltre 10mila interviste.
Numeri alla mano, oltre il 70% degli italiani ritiene molto o abbastanza diffusa la corruzio- ne a livello regionale, contro un 20% scarso di risposte relativamente ottimiste. Ma a colpire è soprattutto la diversificazione territoriale: se nel Trentino la corruzione sembra invisibile, in Sicilia si registra una percentuale da prefisso telefonico ( 2,5%) di quanti pensano che la corruzione sia poco diffusa o pressoché assente. La Campania è, invece, la Regione dove gli episodi di corruzione non vengono denunciati perché per il 37,85% degli intervistati vengono ritenuti un fatto normale. In Calabria, invece, quasi un cittadino su due è a conoscenza di persone che hanno ricevuto o offerto tangenti. E, senza che nessuno se ne possa meravigliare, la sfera politica diventa il principale bersaglio della sfiducia: la metà degli intervistati ritiene che governo, Parlamento e partiti siano coinvolti nella corruzione. Trasmettono più fiducia, invece, gli amministratori locali.
MENTRE il settore degli appalti – con oltre il 40% – si conferma “area sensibile” al rischio corruzione. E non ne sono immuni il mondo dell’imprenditoria (oltre il 30%) e della finanza (15%). Un dato che conferma come la “corruzione spicciola” sia molto meno diffusa di quanto si pensi. Chi potrebbe o dovrebbe denunciare ha paura delle conseguenze (quasi 80% delle risposte), c’è chi ritiene corrotti anche gli interlocutori cui dovrebbe rivolgersi (36%) e c’è chi pensa che comunque non succederebbe nulla ( 32%), con un quinto degli intervista- ti che giudica addirittura normale la corruzione. Colpisce, inoltre, che le azioni ritenute più efficaci da intraprendere per combattere la corruzione si risolvano in atti individuali: denunciare (51%), rifiutarsi di pagare (27%), votare per gli onesti (20%), mentre minore peso hanno l’iscriversi in associazioni, il partecipare a manifestazioni o firmare petizioni (tutte intorno al 15%). “Le istituzioni devono interrogarsi sul proprio ruolo difensivo per chi ha un vissuto e non si sente tutelato rispetto al percorso di denuncia”, commenta Alberto Vannucci, componente dell’ufficio di presidenza di Libera e professore di Scienza politica all’Università di Pisa.
La percezione Chi potrebbe denunciare ha paura delle conseguenze o pensa che non serve a nulla