Il Fatto Quotidiano

CHI HA PAURA DI RADIO RADICALE

- » FURIO COLOMBO

L’idea non è sbagliata dal punto di vista di gente legata da un contratto al solo scopo di farsi votare a vicenda le promesse elettorali, anche a costo di sfigurare il Paese. Parlo di Lega e Cinque Stelle che hanno incluso nei loro progetti (tutti a base di tagli, multe e punizioni, per il loro salvadanai­o elettorale) anche un bel taglio alla somma che finora un Paese non ancora del tutto incivile, ha rimborsato a Radio Radicale.

HO USATO la parola “rimborsato” perché è la parola giusta. Radio Radicale non fa ciò che fa in quanto pagata, ma è pagata perché fa ciò che fa, e che è l’unica radio a fare. Che cosa? Trasmette tutte le sedute di Camera e Senato (persino in questi giorni, che sono puro film noir, ci pensate?), le sedute accessibil­i delle Commission­i parlamenta­ri e praticamen­te tutte le dichiarazi­oni, i discorsi, gli eventi e le interviste di coloro – simpatici e antipatici, sgrammatic­ati o no – che hanno importanza e interesse per tutti. Ma vi dà anche la rassegna stampa quotidiana italiana e di molti luoghi del mondo (compresa la stampa turca e africana), le sole notizie affidabili sull’Unione Europea da Bruxelles e collegamen­ti con Cina, Stati Uniti, Germania, Bir- mania e altri luoghi di crisi della terra (sempre, cercando e narrando diritti negati, condanne ingiuste e personaggi da conoscere e da ricordare).

Ci sono anche alcune straordina­rie rubriche, tra cui una sui media, una sul cinema, una sull’ambiente. Tante sulle carceri perché in Italia sono tortura. Qui torna in ballo Pannella, che non è svanito nella memoria di molti italiani e il cui ricordo ci spiega l’ossessione di Radio Radicale (e della sua leader politica Rita Bernardini) per le condizioni di vita dei detenuti.

Un Paese si spiega dalle condizioni delle sue carceri, diceva Marco Pannella. Erano i bei tempi in cui, con Emma Bonino, dopo avere vinto da soli questioni come il diritto a decidere delle donne, del divorzio e dei gay, i Radicali, questo piccolo partito con poche forze, molte voci e una immensa passione, hanno messo al centro dell’attenzione di un Paese sbadato il tema dei diritti umani e civili, della legalità, del diritto alla conoscenza come perno di tutto il lavoro culturale, sociale, politico.

Lascio una pausa di intervallo al lettore per consentirg­li di dire “Sì, ma le stesse cose le hanno fatte anche…”, sapendo che non potranno indicare un solo nome. Tipico e triste della vita pubblica italiana è che nessun leader o partito si sia mai occupato, davvero e costanteme­nte, di diritti umani e civili e di diritto alla conoscenza e che la Rai, allora o adesso, si sia mai smossa dalla tecnica delle interviste senza seconda domanda, in cui il personaggi­o di turno, senza obiezioni, usa l’opportunit­à per un discorso in più che gli piace. Ora si può capire che un partito fondato sul “vaffa” di Grillo e sui milioni di tessere in stampa per il reddito di cittadinan­za annunciate da di Di Maio abbia poco interesse al diritto alla conoscenza.

Si può capire che l’eroe della nave Diciotti, reduce dalla cattura del bandito di Riace, non abbia molta voglia di trasparenz­a. Ma almeno Conte, che ha occhio per la bella figura, potrebbe intestarsi il suo decimo di potere per fare in modo che non si compia il delitto di colpire come un nemico Radio Radicale. Ascoltarla almeno un giorno darebbe molte notizie sia di ciò che non arriva sulle fonti normali, sia sul come funziona una radio moderna e libera che non lascia fuori nessuno.

CONVIENE al regime, che maltratta persino i magistrati, come il procurator­e Capo di Torino Spataro mentre è al lavoro? Benché ben poco ascoltato e gradito, io mi permetto di dire loro che conviene. Conviene come difendere l’acqua di cui sono (o sembrano, almeno i Cinque Stelle) difensori sinceri. Una cosa pulita e senza nomine Rai, garantisce sugli eventi accaduti, sulle parole dette.

E sarà difficile, finché c’è e funziona (qualsiasi taglio compromett­erebbe l’intera macchina, che assomiglia allo strano e funzionant­e orologio messo in moto dal bambino Hugo nel film di Martin Scorsese), sostenere che non c’è più luce di democrazia in Italia.

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