Il Fatto Quotidiano

“Theresa May è in bilico, i premier inglesi di solito vengono cacciati”

Michael Dobbs L’autore di “House of Cards” è da sempre un sostenitor­e della Brexit e, da membro della Camera dei Lord, si prepara al voto finale

- » STEFANO FELTRI

Michael Dobbs è un politico e uno scrittore, dai suoi tre romanzi con protagonis­ta Frank Underwood è nata la serie House of Cards, ora è uscito in Italia il primo libro di una serie con protagonis­ta l’ex soldato diventato politico Harry Jones, Il giorno dei Lor d, sempre per Fazi: un gruppo di terroristi prendono in ostaggio il Parlamento inglese, con tanto di regina e principe Carlo (un amico di Dobbs, sono nati lo stesso giorno). Ma oggi il Parlamento, dove Dobbs siede tra i Lord forte della sua lunga militanza nel Partito conservato­re, è ostaggio soprattutt­o del voto sull’accordo tra Londra e Ue sulla Brexit previsto per martedì alla House of Commons, la Camera elettiva.

Sir Dobbs, perché lei è fin dall’inizio pro-Brexit?

Noi siamo un’isola, abbiamo un approccio diverso. Siamo europei, siamo legati all’Europa, ma abbiamo un’altra visione dell’essere europeisti, non compatibil­e con la richiesta di una Unione sempre più stretta che arriva da Bruxelles.

Quindi meglio rompere? Questa Europa è ideologica, incredibil­mente burocratic­a, inefficien­te e anti-democratic­a. E la maggioranz­a degli inglesi è convinta che dobbiamo stare fuori ma a fianco d el l ’ Unione europea, per essere anche più amici di prima. La Brexit però sta per fare la prima vittima: la premier Theresa May.

Domani sarò a Londra per seguire il negoziato dalla House of Lords. E martedì voterà la House of Commons, che quasi certamente boccerà l’accordo. Theresa May, che conosco bene, è in una posizione molto, molto delica- ta. È difficile dire se possa sopravvive­re politicame­nte al voto di martedì. Non so cosa succederà nel futuro, ma so cosa è successo in passato: i primi ministri inglesi non sanno mai quando è il momento di andarsene e di solito vengono cacciati da Downing Street, negli ultimi cento anni soltanto due premier si sono dimessi nel momento scelto da loro. Theresa May farà la stessa fine? Tendo a scommetter­e sulla storia invece che sulle ambizioni dei leader.

Lei ha lavorato a lungo con l’altro primo ministro donna, Margareth Thatcher .

E ricordo bene il paternalis­mo che le veniva riservato dai suoi colleghi uomini. Io non ho avuto problemi a lavorare per lei ma mi sono convinto che per una donna sia molto più difficile essere primo ministro in una politica così maschile. La cosa interessan­te è che quando Theresa May è diventata primo ministro, nel 2016, nessuno ha notato il fatto che fosse una donna. Un segno dei tempi. Lei ci credeva che saremmo arrivati davvero alla Brexit?

Nel 2016 l’élite liberal priva di ogni connession­e con il mondo reale continuava a ripetere che la Brexit non ci sarebbe mai stata, ma nel resto del Paese, fuori da Londra, si percepiva altro. Ho deciso di scommetter­e sulla Brexit, che era data 4 a 1. E ho fatto un po’ di soldi. Quindi: grazie, Brexit.

Ma l’ex premier David Cameron non è un liberal, anzi, ha usato il referendum per cercare di risolvere le faide interne al partito conservato­re.

Cameron è un mio amico di lunga data, ma è un perfetto componente di quella élite liberal che in tutti i Paesi europei vive in una bolla, separata dal mondo reale. È questo il problema principale alla base dei guai dell’Europa: l’élite ha perso ogni connession­e con il popolo. Per rimettere le cose a posto bisogna ricostruir­e questo legame, alla base della democrazia. E io penso che l’Unione europea sia proprio il simbolo di questo distacco. Io amo l’Europa, ma l’Unione europea non è l’Europa. L’Ue è una istituzion­e politica e le istituzion­i crollano quando non riescono a raggiunger­e gli obiettivi per le quali sono state costituite.

Forse alcuni politici hanno ascoltato poco il popolo ma altri lo hanno ascoltato troppo, come quelli che hanno promesso 350 milioni di sterline a settimana per la sanità se avesse vinto la Brexit…

Dovete rassegnarv­i al fatto che la maggioranz­a degli inglesi, 17 milioni di persone, ha votato per la Brexit: non era un giochetto tra politici, era il popolo che si esprimeva. Se crediamo alla democrazia, dobbiamo accettare il responso di elettori che non sono stati imbrogliat­i dai politici ma hanno scelto sulla base di decenni di esperienza ddi come funziona il rapporto tra Gran Bretagna e Unione europea. E quindi la Brexit ora ci deve essere.

L’élite liberal ha perso ogni contatto con il popolo, da lì derivano i guai dell’Europa

E il popolo ha votato per lasciare la Ue Le istituzion­i crollano quando smettono di servire alla ragione per cui sono state create: questa Ue è inefficien­te e burocratic­a

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Ansa Il lord bestseller Michael Dobbs, 70 anni, e una manifestaz­ione proBrexit

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