“Macron dimissioni!”. I Gilet gialli: “In strada fino a Natale”
Francia, quarto sabato di scontri, il movimento “punisce ” il silenzio del presidente
IGilet Gialli si inginocchiano con le mani dietro la testa davanti ad un posto di blocco della polizia che impedisce l’accesso alla place de la Concorde. Bloccati dagli scudi degli agenti altri si inginocchiano sugli Champs Elysées, sui Grands Boulevards, alla Porte Maillot. Il gesto, che ricorda gli studenti fermati dalla polizia a Mantes-la-Jolie e obbligati a piegarsi nel cortile del loro liceo, è diventato il nuovo simbolo della protesta.
È stato il quarto sabato di tensione a Parigi. Circa 10 mila Gilet hanno manifestato nella capitale riunendosi sin dal mattino sugli Cham-
Capitale spettrale La polizia sequestra spranghe e martelli, nei cortei qualcuno canta “Bella Ciao”
ps Elysées. “La strategia della paura usata dal governo non ci fermerà. Vogliono solo impedirci di manifestare - dice uno di loro - ma noi torneremo, sabato prossimo e pure a Natale se necessario”.
PER RAGGIUNGERE la famosa avenue bisognava armarsi di pazienza e camminare. Non circolavano né bus né metro. Colonne di manifestanti confluivano sulla rue de Rivoli, facendosi controllare una prima volta al livello del Louvre. In città sembrava che ci fosse il coprifuoco: negozi sprangati, teatri e musei chiusi, strade svuota- te. Si accedeva agli Champs Elysées solo dopo aver passato un altro controllo. Dopo le violenze e gli sfregi di sabato scorso, la prefettura ha cambiato strategia. Sono stati mobilitati 8.000 agenti, il doppio rispetto alla settimana scorsa. Una dozzina di blindati stazionavano davanti ai luoghi più a rischio.
Molti dimostranti sono stati fermati a monte, ai caselli delle autostrade e nelle stazioni, e non sono mai arrivati in centro. Centinaia di mazze da baseball, bocce, martelli, spranghe di ferro, anche armi, sono state sequestrate. In serata si contavano più di 550 fermi solo a I manifestanti ieri in Francia Le persone fermate I feriti a Parigi Parigi. Sugli Champs Elysées c’era la frangia “moderata” dei Gilet. Alcuni hanno dovuto fare delle collette per raggiungere la capitale ma dovevano esserci per dimostrare che oltre alla collera e alle violenze ci sono le rivendicazioni. “Macron restituiscici i soldi” e “Macron dimissioni”, dicevano gli slogan. Alcuni distribuivano rose ai poliziotti e si fermavano a parlare con loro. Un giovane ha messo la musica e si cantava Bella Ciao. Un Gilet, intervistato da un giornalista asiatico col casco Press, come nelle zone di guerra, diceva: “Bisogna tassare i ricchi, la proposta del governo di tassare i giganti de web può essere una soluzione”. Altri erano in place de la République a dare la mano a chi aveva fatto la Marcia per il clima, la sola manifestazione autorizzata ieri in città. I Gilet “arrabbiati” che Éric Drouet avrebbe voluto far marciare sull’Eliseo erano lontani e tentavano di bloccare il raccordo di Parigi. I casseurs invece si battevano sotto l’Arco di Trionfo e sulle strade laterali dando fuoco ad alcune auto e saccheggiando dei negozi. Più di 50 persone sono rimaste ferite.
ANCHE A MARSIGLIA, Bordeaux, Tolosa si sono verificati incidenti. Il passaggio dei tir è stato bloccato alla frontiera a Ventimiglia. Circa 125mila Gilet sono stati contati dalle autorità in tutto il Paese, con più di mille fermi. Al termine di una giornata tesa, il bilancio è stato tutto sommato meno pesante della scorsa settimana. Quanto Parigi può ancora tenere? Emmanuel Macron, che non ha più preso la parola dal G20 di Buenos Aires, dovrebbe intervenire nelle prossime ore.
La strategia dell’Eliseo era di evitare ogni intervento prima della nuova giornata di mobilitazione per non “gettare nuovo olio sul fuoco”. Negli ultimi giorni ogni volta che si è fatto vedere in pubblico Macron è stato fischiato. Ma ora i Gilet pretendono di sentire cosa ha da dire: “È necessario che Macron si esprima, che sia il presidente di tutti i francesi”, aveva detto venerdì Jacline Mouraud, uno dei volti della protesta, dopo aver incontrato il premier Philippe insieme a una piccola delegazione.
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