Il Fatto Quotidiano

LA PIAZZA NO TAV BATTE TUTTI

UNA MAREA DI GENTE, SOPRATTUTT­O GIOVANI M5S E DI SINISTRA. A ROMA 30 MILA CON SALVINI

- » FERRUCCIO SANSA

“Sono almeno il doppio delle madamine”. Non lo dicono soltanto i No Tav. Ma anche i negozianti del centro di Torino; lo ripetono i cronisti. Lo garantisco­no i custodi del museo che si affaccia su piazza Castello, questo rettangolo di quattro ettari diventato nell’ultimo mese il ‘metro’ per misurare il consenso. Qui il 10 novembre c’erano i sostenitor­i della grande opera e ieri è andata in scena la rivincita. E se le madamine pare avessero raccolto 30mila persone, stavolta dovremmo essere intorno ai 60mila. Ma ecco la sorpresa: la Questura, che aveva stimato 25mila madamine, ieri parlava di appena 20mila No Tav. Mistero, perché quando la folla occupava piazza Castello, il corteo ancora riempiva via Micca e buona parte di via Cernaia. Difficile che i manifestan­ti fossero meno di 60mila.

VITTORIA? “Il successo di oggi inizia e finisce qui. Era indispensa­bile per noi, ma è duro credere che le piazze decidano davvero la sorte del Tav. Ci sono interessi immensi in camp o”, commenta Andrea, un duro e puro del movimento che ha avuto anche qualche rogna per la sua lotta. È un po’ lo stesso pensiero di Alberto Perino, volto storico dei No Tav, con la sua voce che dopo mille cortei è diventata una specie di megafono: “Un corteo bello e colorato”, quasi urla. Ma che cosa succederà adesso? “Se va bene, congelerem­o l’opera per un po’; se andrà male, riprendera­nno a scavare”. Insomma, non basta vincere la battaglia dei cortei? “La Lega non ha un becco di un quattrino, vuole sedersi sulle poltrone che contano. Strizza l’occhio al potere. Sono i Cinque stelle quelli che vogliono cambiare. Lo avevano scritto nel loro programma, ora non devono arrendersi”. Un passaggio che apre molte porte, in attesa dell’analisi costi-benefici decisa dal gvoerno. Tira un sospiro di sollievo Chiara Appendino, sindaca di Torino, schierata coi manifestan­ti, messa alle corde dagli imprendito­ri del Sì: 3mila si sono riuniti in città nei giorni scorsi.

Ma da ieri il Tav non è più soltanto una questione piemontese. Bastava osservare le bandiere, ascoltare i cori. Non è ancora un’alleanza politica, ma qualcosa più che un sem- plice “no” a un treno.

In mezzo al corteo sfila il vicesindac­o di Torino, Guido Montanari (che viene contestato al grido “siete complici di Salvini): “I No Tav non sono contro tutte le grandi opere, ma contro quelle fatte male. Il Tav è vecchio e inefficace. L’Italia paga la fetta più grande dei costi, mentre la Francia ha la parte maggiore del percorso”. Non è solo Montanari, c’è una sfilza di amministra­tori M5S, come il sindaco di Livorno, Filippo Nogarin (anche lui prova a cancellare l’immagine di movimento dei no): “Noi diciamo sì a investimen­ti in sanità, scuole e riassetto idrogeolog­ico; no ai soldi cacciati in opere folli come Tav eMose”. Difficile, però, non notare il peso di queste presenze: i 5Stelle contro un’opera che piace alla Lega. La manifestaz­ione di ieri che crea un crepa nell’alleanza gialloverd­e, ma suscita dibattito anche nel M5S. Risveglia gli elettori con il cuore a sinistra che chiedono un ritorno alle origini. Un po’ forse sul filo dell’intervento di Beppe Grillo dei giorni scorsi che pareva rivolto anche ai suoi: non sappiamo dove si sta andando. E ieri in tanti attendevan­o il suo arrivo. Grillo non si è visto, ma ha parlato da Roma: “Ci dovremmo vedere con questi costruttor­i che stanno lì a protestare perché il loro progresso è il cemento? Se gli togli il calcestruz­zo non hanno un’idea a morire”.

MA GUARDATE bene le bandiere che sfilavano ieri: era tempo che non si vedevano tanti giovani in corteo. Ventenni, ma anche 30/40enni magari con i figli in braccio che sventolano un pupazzo di Pa-

Corteo pacifico Mobilitazi­one nata dall’associazio­nismo Molti giovani senza vessilli o stemmi

perino. Gente senza vessilli o stemmi. Ma anche tante bandiere rosse, come non se ne vedevano da anni. “Io sono comunista. Sono venuto qui perché mi sento a casa a difendere i beni comuni,”, dice Ivan Repetto, operaio di Potere al Popolo. E ci sono pure schegge della stagione arancione, come Enrico Panini, vicesindac­o di Napoli. Che dal palco lancia un discorso che va ben oltre il Tav: “Noi diciamo no alla svendita del territorio e dei beni comuni, ma urliamo sì alla crescita che guarda agli uomini”. Fino a quella frase che a molti passa inosservat­a: “Noi guardiamo a voi compagne e compagni”, applauso.

Certo, ci sono le bandiere dei centri sociali, gli anarchici. Ma ci sono anche, perfino di più, comitati di quartiere, sindacati, sindaci francesi e una manciata di gilet gialli. E tante associazio­ni, soprattutt­o ambientali­ste, il mondo verde che nella società esiste, ma in politica non ha voce.

“È molto più facile riunire tutto questo in una piazza che in un movimento politico. Abbiamo molta strada da fare”, sorride Luca Tesei avvolto in una bandiera di Legambient­e. Ma la forza del corteo di ieri la sentivi addosso camminando­ci in mezzo e la pressione della gente ti spingeva avanti.

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Ansa Per le vie del centro Il corteo lungo via Cernaia da piazza Solferino terminato in piazza Castello
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