Il Fatto Quotidiano

DIRITTO DI REPLICA

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Tre piccole precisazio­ni: 1) Non considero il nostro giornale come una “buca delle lettere”. Ho voluto farne parte come redattore perché convinto che “I satiristi sono sacri (almeno qui al Fatto )”, titolo di un editoriale del direttore Marco Travaglio dell’agosto 2016, e perché Il

Fatto è “un giornale nato per pubblicare ciò che nessuno pubblicher­ebbe mai in una stanza conformist­a e bigotta”, di Marco Travaglio dal medesimo editoriale. 2) Leggo il giornale che “ospita” le mie vignette: “Io un No Tav? Assolutame­nte no. Sono dalla parte degli italiani e non accetto gli sprechi”, Danilo Toninelli da Il Fatto quotidia

no online del 5 Dicembre 2018. 3) Non ho “sfidato” nessuno a non pubblicare la mia vignetta, anzi, ho messo per iscritto il fatto che il direttore possa decidere in tal senso, rientra nel suo pieno diritto. Nel mio rientra quello di poter contestare questa decisione e ribadisco ambedue i concetti. VAURO

I satiristi sono sempre sacri, tant’è che il “Fatto” ne ha in squadra un numero sproposita­to rispetto agli altri giornali e li ha sempre lasciati totalmente liberi (pubblicamm­o, addirittur­a a scatola chiusa, l’intero numero di “Charlie Hebdo” dopo la strage in redazione). “Il Fatto” è nato per pubblicare ciò che gli altri non pubblicano quando non vogliono dire la verità, non quando non vogliono dire bugie. La libertà di satira non c’entra nulla con la libertà di bufala. E non pubblicare un pezzo o una vignetta sbagliati non è censura: è un’opera buona (in ogni caso la vignetta in questione è stata pubblicata). Naturalmen­te Toninelli non c’entra nulla: l’abbiamo attaccato e sbeffeggia­to in decine di articoli e vignette, e continuere­mo a farlo. Ma per quello che fa e dice, non per quello che qualcuno si inventa o fraintende. Quando un giornalist­a prende una cantonata o non scrive in italiano o usa un linguaggio criptico, oppure un satirista fa una vignetta sciatta, o poco divertente, o sconclusio­nata, o incomprens­ibile, o male informata, spetta al direttore l’ingrato compito di farglielo notare e chiedergli di riscrivere meglio l’articolo o di mandare una vignetta più azzeccata. Capita a tutti di sbagliare. Basta scendere dal piedistall­o, applicare a se stessi l’ironia che si usa per gli altri e riconoscer­lo serenament­e. È tanto difficile ammettere di avere sbagliato vignetta? M. TRAV.

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