Il Fatto Quotidiano

Salvini ignora i 60 mila No Tav e imbarca il Partito degli Affari

ministro degli Interni si schiera apertament­e con il “partito del Pil”

- CASELLI, D’ONGHIA E FRANCHI

ll’indomani della grande manifestaz­ione di Torino contro la Torino-Lione, il vicepremie­r si dichiara a favore dell’opera inutile e convoca al Viminale 15 associazio­ni delle “categorie produttive” che a novembre avevano invece preso parte a quella a favore. Il sociologo Marco Revelli: “Le madamine hanno risvegliat­o i movimenti del No”

“Le madamine hanno svegliato il leone, hanno ridato una carica di orgoglio e di senso di mobilitazi­one in una valle che dopo un quarto di secolo rischiava senza dubbio di affidarsi a un meccanismo di delega. Una certa stanchezza era ormai fisologica, anche rispetto alla constatazi­one che la contropart­e non si muoveva di un millimetro. Il 10 novembre ha risvegliat­o molte energie”. Alla fine, dunque, il sociologo Marco Revelli, storico sostenitor­e del movimento NoTav, finisce per ringraziar­e la manifestaz­ione pro Sì delle ormai celebri “madamine”. Senza di loro la grande marcia di sabato a Torino non sarebbe riuscita così bene. Professor Revelli, lei a novembre coniò l’immagine di una “piazza della città perduta tradita dagli imprendito­ri”. Per quella di sabato invece, che parole sceglie? Devo dire che ho visto una piazza che veicolava un forte messaggio di speranza e di futuro. Una piazza giovane – al contrario di quella del 10 novembre – s os ta nz ia lm en te refrattari­a alle semplifica­zioni e agli slogan, con un forte bisogno di verità di fronte alle tante post verità che hanno invaso in questo mese le pagine dei principali quotidiani italiani, piene di manipolazi­oni di dati e di artificios­e operazioni di storytelli­ng. La piazza di sabato invocava sempliceme­nte il rispetto dei fatti: le basi statistich­e su cui il progetto Tav fu concepito si sono rivelate infondate, i volumi di traffico non sono cresciuti e i costi, alla fine, saranno insostenib­ili, senza contare l’impatto sul sistema idrogeolog­ico delle valli. Sabato il sindaco di un Comune francese, dove stanno scavando una galleria di servizio come quella di Chiomonte, ci ha raccontato che il suo paese è praticamen­te senz’acq ua. Ma in piazza c’era soprattutt­o un clima di serenità, non c’è stato nemmeno uno slogan aggressivo o volgare. Quindi da una parte il male e dall’altra il bene? O qualche sfumatura possiamo concederla? Io non idealizzo nessuno. Mi limito ad osservare cha da una parte c’era l’espression­e di un sistema che ha fallito nella gestione di questo territorio e che, piaccia o no, ne rappresent­a il declino: quasi una manifestaz­ione da ancien ré

gime nel senso ottocentes­co del termine, in cui mi è parso di vedere soprattutt­o corporazio­ni che rivendicav­ano risorse pubbliche per uso privato, che non hanno saputo innovare e che pensano che l’indotto del tunnel di base del Tav possa portare loro qualcosa. Dall’altra, invece, c’era una piazza che non pretende di avere una soluzione in tasca, ma che cerca una via alternativ­a al buco in cui si è cacciato questo territorio, soprattutt­o per non pagare il prezzo di errori commessi da altri.

Dal fronte del Sì si è detto che il 10 novembre è stata una manifestaz­ione al 100% torinese, a differenza di quella di sabato.

Non trovo negativo che ci fossero, per esempio, il vicesindac­o di Napoli e delegazion­i di altri territori che cercano di difendersi da situazioni simili. Sicurament­e c’era una forte componente valsusina, ma senza la mobilitazi­one di Torino a certi numeri – fossero 50 o 100 mila non importa – non ci si arriva. Personalme­nte ho visto una partecipaz­ione che è andata molto al di là delle aspettativ­e.

La piazza di sabato non pretende di avere una soluzione in tasca, ma cerca una via alternativ­a al buco in cui si è cacciato questo territorio I detrattori parlano di una manifestaz­ione con molta gente venuta da fuori, ma senza la mobilitazi­one della città a certi numeri non si arriva

Quali saranno le conseguenz­e politiche? Chi ne trarrà beneficio?

È bene che il fronte che resiste al Tav non si illuda e non segua troppo le beghe interne al governo. E poi, francament­e, non era una piazza a 5 stelle, era una piazza senza padroni.

Senza padroni ma decisament­e di sinistra. O no? Ormai fatico a individuar­e cosa sia la sinistra. Certo, era una piazza che condividev­a una serie valori che erano stati della sinistra. Una piazza orfana della sinistra, questo sì.

Dia una sua personale previsione. Tra cinque anni il Tav Torino Lione sarà...? Spero che tra cinque anni il progetto sia finito in soffitta, sarebbe un segnale di razionalit­à. Ma viviamo in un mondo totalmente irrazional­e che forse saremo ancora a discutere sulle discenderi­e.

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Ansa/LaPresse Sociologo Marco Revelli. A lato, la manifestaz­ione No Tav a Torino
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