Il Conte I di lotta e di governo
Bilancio di 6 mesi di esecutivo: errori, successi e omissioni
CANNAVÒ, DELLA SALA, D’ESPOSITO, DI FOGGIA, FELTRI, LILLO, MELETTI, OLIVA, PALOMBI, TECCE E VENDEMIALE
Detta in maniera maccheronica può suonare in questo modo: ubi Salvimaior minoranza
cessat. Ché appena sei mesi di governo gialloverde hanno accentuato la desertificazione dell’opposizione renzusconiana. Al di là del 60 per cento di populisti e sovranisti si avvista infatti solo un arcipelago frastagliato e piccolo, in cui Confindustria e Chiesa hanno deciso di intervenire in maniera diretta ritenendo evanescente l’operato di Pd e Forza Italia.
L’ESECUTIVO grilloleghista è come la Fortezza Bastiani, assediata da tartari che almeno per il momento non arriveranno. E così finisce che il primo bilancio dell’insolito Conte I del cambiamento è quello che contiene al suo interno l’uno e il suo contrario. Maggioranza e opposizione allo stesso tempo. Non poteva andare diversamente, vista la natura contrattualistica e non politica dell’accordo partorito dopo tre mesi di stallo e di trattative, dal 5 marzo a tutto maggio.
La questione è che i due elettorati di Lega e M5S assemblano bacini di consenso maturati su opposte istanze geo-ideologiche: il Nord di de- stra che vuole meno tasse e tante opere pubbliche; il Centro-sud già democristiano e berlusconiano che reclama il reddito di cittadinanza pentastellato. Di qui l’andamento tormentato di questi primi sei mesi, esploso sul nodo Tav, giusto per fare l’esempio più attuale. In questa somma di contraddizioni e anche di debolezze (il ruolo del premier; il peso dei ministri tecnici a partire da quello dell’Economia, Tria; la dura reazione dell’Unione europea alla manovra) la realtà, che piaccia o no, ha imposto sinora un dominatore unico che aspira a prendersi il Paese: Matteo Salvini.
La forza del Capitano leghista non è il frutto di una concreta e incisiva azione politica ma combina un antico professionismo della politica con un’inaudita esposizione mediatica. Insomma il suo carisma funziona al netto dei fatti, davvero pochi. Lo dimostra l’incredibile rimonta nei confronti dell’alleato giallo: dal 17 per cento del 4 marzo ai sondaggi stratosferici di queste settimane che danno il Carroccio ben oltre il 30 per cento. Per i Cinquestelle di Di Maio non sarà facile recuperare da qui alle Europee del 26 maggio, decisive il Conte I.