Il Fatto Quotidiano

Milano, alla Scala l’Internazio­nale risuona ancora prima della prima

- » LEONARDO COEN

Caro Fierro, torno sul luogo del delitto: 50 anni dopo quel 7 dicembre 1968: umido, gelido, acre per lo smog. In scena, alla Scala, la “prima” di Sant’Ambrogio, rito borghese di Milano. Don Carlosdi Verdi. Ma va in scena, anche, la Contestazi­one. Mario Capanna col megafono che ogni tanto gracchia condanna l’ostentazio­ne dei ricchi, quando ad Avola i braccianti si battono per 300 lire in più. Sotto l’eskimo, gli studenti celano uova, cachi, ortaggi. Li lanceranno e passeranno alla storia del Sessantott­o. Passo per vicolo santa Caterina. Costeggia la basilica romanica di san Nazaro. Oltre l’osteria La Pergola, il muro ospita una scritta in vistosi caratteri medievali: “Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferen­ti” ( Gramsci, 1917). Di fronte, una bottega etnica. Con murale: ammasso di case alte e sottili. In mezzo, un migrante di colore. Sguardo triste, naso rosso da clown. Titolo: “Il confine è labile”.

VIA FESTA DEL PERDONO è deserta: il portone della Statale, sbarrato. Nessun presidio, né revival. Come allora, in questo 7 dicembre 2018 piovono minuscole goccioline, l’aria è acida. Però fa meno freddo: l’inverno mite del cambiament­o climatico. Oltre via Larga, il centro brulica di gente e di luci. Di transenne e di mille agenti mobilitati per garantire la sicurezza della Prima (ancora Verdi, stavolta l’At tila). Piazza della Scala è “zona rossa”. In tutti i sensi: una batteria di fari arrossa la facciata di Palazzo Marino. Cordoni di agenti isolano il teatro, tengono a distanza gli attivisti dei centri sociali. Slogan contro la Lega, il decreto sicurezza, la “casta globale”. E una finta ruspa, per sfottere il Trump del Giambellin­o (che ha disertato l’Attila e i fischi). Ecco Mattarella, quattro ministri, uno stuolo di lor signori. Urla, strepiti dei manifestan­ti. Vola qualcosa, ma i bersagli sono troppo lontani. Con commovente impegno un trombone ed una cornetta intonano l’In te rn az i on al e. “Nostalgici”, commenta un passante. No. Irriducibi­li.

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