Il buco nella legge Renzi rischia di far fallire le Bcc
Le holding al primo bilancio dovranno registrare gli attivi al valore di mercato. Il Tesoro vuole intervenire alla chetichella
Lo sfortunato rapporto tra il governo Renzi e le banche pare proprio destinato a durare negli anni. Da qualche giorno, infatti, al Tesoro e a Bankitalia hanno preso coscienza di una cosa che gli era sfuggita in questi quasi tre anni: l’applicazione della riforma Renzi alle banche di credito cooperativo rischia, in sostanza, di aprire al prossimo bilancio un buco nel sistema di circa due miliardi e mezzo di euro, cifra capace di cancellare dalla mappa l’intero universo Bcc. Non una bellissima figura per le tecnostrutture italiane ed europee (Bce), che pure assai si sono occupate della riforma, e di sicuro neanche per i vertici del mondo cooperativo, che hanno pure pagato qualche decine di milioni in consulenze (soprattutto a Pwc) per implementare le nuove norme.
UN BREVE promemoria. La riforma, varata per decreto dal governo Renzi a inizio 2016 sotto dettatura di Banca d’Italia, imponeva a tutte le circa 300 vecchie casse rurali di entrare in una holding, struttura- ta in società per azioni, con almeno un miliardo di capitale. L’idea era che tutte le banche avrebbero aderito a Iccrea holding, braccio operativo della Federcasse, storico feudo romano che ha dettato legge nel sistema cooperativo. Molte Bcc, le più sane, hanno invece aderito alla trentina Cassa Centrale Banca, mentre quelle altoatesine hanno creato - grazie a un’apposita deroga (tornata utile per candidare Maria Elena Boschi a Bolzano) – un gruppo provinciale Raiffeisen.
Qual è il problema? Intanto ce n’è uno per così dire ideologico: l’Italia è l’unico paese Ue ad aver reso obbligatorio anche per le banche più piccole l’uso dei principi contabili internazionali e questo ha creato parecchi problemi a un sistema già infragilito dalla crisi. Il secondo, piccolo ma di- rompente, lo ha rivelato al Fatto una fonte governativa a conoscenza del dossier: senza entrare troppo nei tecnicismi, il mancato recepimento in Italia di una direttiva europea del 1986 fa sì che le holding, quando nel 2019 scriveranno il primo bilancio - a differenza di quanto avvenuto in Francia, dove c’è un modello simile - dovranno obbligatoriamente registrare tutti gli attivi al “valore di mercato” anziché a quello di carico usato nei bilanci delle controllate. Questo vuol dire che i Btp a bilancio delle Bcc andranno conteggiati al loro valore attuale - abbas- sato dallo spread, specie se rimarrà alto - e lo stesso potrebbe accadere coi crediti deteriorati e “deteriorandi” per i quali i principi internazionali Ifrs obbligano gli istituti ad accantonamenti maggiori.
Questo baco della legge è one shot, cioè è un problema che si presenterà solo col primo bilancio, quando la capogruppo dovrà “consolidare” le controllate e non è aggirato neanche dal cosiddetto “scudo anti-spread” inserito nella manovra per le banche non quotate (e solo per il 2018 salvo proroga del Tesoro): non vale comunque per la holding. Bankitalia, secondo la nostra fonte, ha calcolato il “danno” per il sistema del credito cooperativo, cioè il capitale che servirà a coprire le perdite, in circa due miliardi e mezzo di euro. Soldi che, peraltro, non esistono sul mercato e specialmente per gruppi che dovranno essere controllati dalle Bcc consorziate almeno al 60% delle quote.
OVVIAMENTE non si arriverà a far crollare il sistema: fonti del Tesoro confermano al Fatto quanto si dice tra gli istituti interessati e cioè che è pronto un testo di poche righe che sem- plicemente consentirà alle tre capigruppo di consolidare le Bcc controllate senza ricorrere ai valori di mercato. Curiosamente, o forse no, la tecnostruttura del ministero - la stessa che scrisse la riforma, confermata in blocco da Giovanni Tria - non ha intenzione di presentare un emendamento alla manovra, come sarebbe ovvio, ma di infilare quelle poche righe direttamente nel maxiemendamento alla chetichella: così si evitano spiacevoli polemiche, certo, ma anche l’attribuzione delle sacrosante responsabilità.
Buco della vigilanza
I gruppi hanno speso milioni in consulenze senza accorgersene (come Bankitalia e Bce)