Non serve essere bigotti o antichi per considerare orrendi certi testi
Non c’è dubbio: se non ci fosse stato un evento tragico come quello avvenuto al concerto ( che poi tale neanche era), di Sfera Ebbasta noi genitori attempati non avremmo scoperto che i testi dei rapper/ trapper non sprizzano proprio di analisi sociale e riflessione etica. Poi li abbiamo letti e ci siamo divisi tra chi, facendo magari le pulci alla storia del rock (solo un esempio: la strofa “Sei più bella vestita di lividi” degli Afterhours) difendeva il cantante di Sesto San Giovanni parlando di “moralismo trombonista insopportabile” (Alessandro Milan). E chi invece ha fatto notare il nulla spinto, condito dall’uso di droga, di Sfera Ebbasta e di altri come lui. Il tema è sempre lo stesso: gli artisti hanno libertà di parola qualunque siano le parole usate? Lui, Sfera Ebbasta, ha detto in un’intervista – in cui parlava di soldi, la sua ossessione, e donne a pagamento, altra ossessione – che i rapper “possono cantare quello che vogliono se hanno un sound che regge”. Ma non c’è bisogno di far parte del Moige per dire che quelle canzoni creano un immaginario che poi forma la testa degli adolescenti.
E ALLORA a che punto fermarsi? Perché ad esempio una canzone del meno noto rapper Skioffi, Yolanda, racconta – anche in un video scioccante – un femminicidio giustificato da un tradimento (“Zitta, affoga e sborro dentro la tua bara”) e quando la giornalista Giulia Mengolini glielo ha fatto notare la sua reazione è stata questa: “Femministe care, siete una massa di handicappate. Vi piscio in testa. Dovete scopare di più”. Ma lasciando stare la misoginia aperta di alcuni, va bene, Sfera Ebbasta era povero, ha perso il padre a 13 anni, si è fatto da solo: ma ora che è famoso non sarebbe meglio che parlasse, che so, di ingiustizia, amore, lotta sociale, altre cose importanti? E se non lo fa noi non abbiamo tutto il diritto di dire che non ci piace, anzi peggio?