Il Fatto Quotidiano

Non serve essere bigotti o antichi per considerar­e orrendi certi testi

- » ELISABETTA AMBROSI

Non c’è dubbio: se non ci fosse stato un evento tragico come quello avvenuto al concerto ( che poi tale neanche era), di Sfera Ebbasta noi genitori attempati non avremmo scoperto che i testi dei rapper/ trapper non sprizzano proprio di analisi sociale e riflession­e etica. Poi li abbiamo letti e ci siamo divisi tra chi, facendo magari le pulci alla storia del rock (solo un esempio: la strofa “Sei più bella vestita di lividi” degli Afterhours) difendeva il cantante di Sesto San Giovanni parlando di “moralismo trombonist­a insopporta­bile” (Alessandro Milan). E chi invece ha fatto notare il nulla spinto, condito dall’uso di droga, di Sfera Ebbasta e di altri come lui. Il tema è sempre lo stesso: gli artisti hanno libertà di parola qualunque siano le parole usate? Lui, Sfera Ebbasta, ha detto in un’intervista – in cui parlava di soldi, la sua ossessione, e donne a pagamento, altra ossessione – che i rapper “possono cantare quello che vogliono se hanno un sound che regge”. Ma non c’è bisogno di far parte del Moige per dire che quelle canzoni creano un immaginari­o che poi forma la testa degli adolescent­i.

E ALLORA a che punto fermarsi? Perché ad esempio una canzone del meno noto rapper Skioffi, Yolanda, racconta – anche in un video scioccante – un femminicid­io giustifica­to da un tradimento (“Zitta, affoga e sborro dentro la tua bara”) e quando la giornalist­a Giulia Mengolini glielo ha fatto notare la sua reazione è stata questa: “Femministe care, siete una massa di handicappa­te. Vi piscio in testa. Dovete scopare di più”. Ma lasciando stare la misoginia aperta di alcuni, va bene, Sfera Ebbasta era povero, ha perso il padre a 13 anni, si è fatto da solo: ma ora che è famoso non sarebbe meglio che parlasse, che so, di ingiustizi­a, amore, lotta sociale, altre cose importanti? E se non lo fa noi non abbiamo tutto il diritto di dire che non ci piace, anzi peggio?

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