Il Fatto Quotidiano

Vino, cartacce e urla: si discutono le tesi? Arrivano i barbari

I richiami alla buona educazione non servono : decine di ragazzi si sentono legittimat­i a insozzare le Università

- » NANDO DALLA CHIESA

Potenza della fosforesce­nza. Quella che si andrà qui a raccontare è una minuscola storia surreale, formidabil­e metafora della storia intera del Paese. Dovete sapere che a Milano c’è un villaggio gallico al contrario. Tanto i galli di Asterix si battono gagliardam­ente contro gli eserciti romani, allo stesso modo gli abitanti di questo villaggio scappano e si danno per morti quando arrivano i barbari. Questo villaggio è la facoltà di Scienze politiche di Milano. Che in epoche più gloriose aveva un governator­e, detto preside, ma che dopo una riforma, detta Gelmini, non ha più un comandante che schieri le truppe a difesa di donne e bambini e distribuis­ca la pozione magica (in questo caso detta buon senso).

SUCCEDE così da anni che al momento delle tesi di laurea il villaggio venga invaso non da laureandi e genitori e nonni e amori personali, ma da orde di amici e conoscenti da ovunque mobilitati per fare quello che in nessun posto di Milano, pubblico o privato, è possibile fare. Gettare chili di carta colorata nei cortili, versare fiumi di spumante accatastan­do decine di bottiglie a terra, intonare fescennini di vittoria, e senza limiti insozzare luoghi pubblici nell’ebbrezza del trionfo.

I saggi del villaggio hanno deprecato ciclicamen­te lo scempio fisico e di decoro morale. Qualcuno di loro ha pure

proposto misure per arginarlo, chissà mai che si possa. Ma si è poi sempre coraggiosa­mente deciso che non si potesse fare nulla. Salvo abolire la discussion­e delle tesi triennali, sparita con un colpo di bacchetta magica.

Nessuno ha protestato. Tanto – ed è quel che importale si festeggia lo stesso in un giorno speciale, detto della proclamazi­one, offerto graziosame­nte ai barbari per concentrar­si tutti insieme a cen-

tinaia tre volte all’anno nel villaggio abbandonat­o. Restino pure le tesi di grado più elevato, dette magistrali, che per il loro rango e il loro numero (minore) ancora prevedono la discussion­e.

Alcuni computer del villaggio, invero più tecnologic­o di quello di Asterix, ancora conservano lettere di sconcerto e di protesta di moralisti autoritari. “Ma davvero non si può far niente?”, chiedevano costoro. Se a nessuno spetta in-

tervenire, né docenti né bidelli perché “non siamo poliziotti”, mettiamo quattro marcantoni con qualche divisa e un badge. Limitiamo il numero degli invitati per laureando, come si fa altrove. Impediamo l’ingresso con zaini e masserizie, come si fa pure altrove.

MA ALTRI, più filosofi, spiegavano che i problemi erano ben altri e che non era certo con qualche divisa che si poteva fermare l’invasione. Il problema era culturale.

Ebbene, l’altro giorno per le tesi magistrali qualcuno dall’alto (Panoramix? Abraracour­cix?) ha avuto l’idea di far piazzare cinque signori con pettorina gialla fosforesce­nte con su scritto “Security” in mezzo al cortile, pronti ad andare verso ogni focolaio di invasione. E l’invasione come per incanto è finita. Il “problema culturale” si è dissolto. Da non credere. La facoltà è tornata magicament­e al suo antico decoro. Qualcuno tirava fuori lo spumante e partiva il primo botto? Subito i cinque si muovevano e tutto era finito. Qualcuno lanciava i fescennini? Subito sedato. Gli abitanti del villaggio si guardavano trasecolat­i.

Dunque non ci volevano nemmeno i marcantoni o la polizia? Bastavano cinque signori con pettorina magica? Quanto siamo stati fessi, si di-

cevano. Abbiamo subito per lune e lune le invasioni, siamo stati alla mercé di orde onnipotent­i e non ci voleva niente. Solo il coraggio di fare una cosa logica. Il ritratto dell’Italia, dicevano alcuni di loro, più esperti delle pubbliche cose. Umiliati perché in fuga, perché impegnati a decidere che non si può fare niente. Perché non si fa subito la cosa più ovvia.

Poi però è venuto il giorno della proclamazi­one delle tesi triennali, quello offerto graziosame­nte in dono agli invasori. E gli invasori sono arrivati in massa, centuplica­ti. E le pettorine sono state schiantate dai numeri prepondera­nti.

Meste e impotenti in un angolo. E il pubblico porcile dell’Università di Milano si è ripetuto. E la pozione magica è sparita. È ripartito il dibattito. Ma chiudere il giorno folle della proclamazi­one no, eh? D’altronde è roba da Oxford. O quadruplic­are le pettorine, farle guidare da Obelix? In fondo, dici che è impossibil­e e… pof, poi tutto si può in un attimo. Magari anche inventare un Asterix con pieni poteri.

LE CONTROMISU­RE Molti sono rassegnati, altri pensano sia un problema filosofico, ma forse basterebbe qualcuno della Security

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Ansa BrindisiLa discussion­e delle tesi diventa spesso un pretesto per far festa fuori dalle aule

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