Papiri vecchi e nuovi: sempre occhio ai falsari
“Nello stesso anno ( 181 a.C.), in un campo ai piedi del Gianicolo di proprietà dello scriba Lucio Petilio, alcuni contadini trovarono due arche di pietra. Entrambe recavano iscrizioni in caratteri latini e greci; una diceva che in quell’arca era sepolto Numa Pompilio, figlio di Pompo e re dei Romani, l’altra che conteneva i libri di Numa. Il padrone del terreno aprì le due arche: quella che l’iscrizione indicava come tomba del re fu trovata vuota e
senza traccia di corpo umano per la decomposizione nel corso di molti anni. Nell’altra, due pacchi legati con cordicelle cerate contenevano sette libri ciascuno, non solo intatti ma di aspetto molto recente.
I sette libri in latino contenevano norme di diritto, i sette in greco un insegnamento filosofico quale poteva esistere in quell’epoca. Valerio Anziate aggiunge che si trattava di libri pitagorici: una bugia plausibile, che indulgeva alla diffusa convinzione che Numa fosse
stato discepolo di Pitagora”. Così Livio ( ab urbe condita 40.29.3-8) racconta lo straordinario rinvenimento dei papiri di Numa Pompilio, sovrano pacifico e legislatore, che destò grande interesse e preoccupazione. Sebbene il caso sia ricordato come il primo rogo di libri, è indubbio che Livio presenti la storia soprattutto come un evidente caso di libri confezionati da falsari.
Nei giorni scorsi abbiamo assistito all’epilogo giudiziario della vicenda contemporanea sull’autenticità del Papiro di Artemidoro, rivelatosi un clamoroso falso, costruito dal geniale falsario Constantinos Simonidis, ma acquistato a carissimo prezzo. Morale: attenzione, occorre sempre molta attenzione, perché non c’è epoca che tenga per i falsari.