Il Fatto Quotidiano

Renzi non c’è più, ma il Csm attacca ancora Woodcock

Al Csm La richiesta dell’accusa nel procedimen­to contro i pm napoletani

- » ANTONELLA MASCALI

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John Woodcock deve essere condannato alla censura dalla disciplina­re del Csm. Lo ha chiesto ieri, alla fine della requisitor­ia, il sostituto pg della Cassazione Mario Fresa che contesta al pm napoletano e alla collega Celeste Carrano condotte scorrette durante l’inchiesta Consip. Per la Carrano è stata chiesta la sanzione più lieve, l’ammoniment­o. Se i giudici dovessero accogliere la richiesta, la carriera di Woodcock sarebbe azzoppata: nella prassi le toghe condannate a una censura (perdita di anzianità e radiazione sono più gravi) vengono quasi automatica­mente escluse dai posti direttivi. Entrambi i pm sono accusati della mancata iscrizione nel registro degli indagati dell’ex consiglier­e di Palazzo Chigi Filippo Vannoni, ascoltato nel dicembre 2016, invece, come testimone, senza di- fensore: andava indagato, ha detto Fresa, tanto è vero che una nota inviata dal procurator­e di Roma Pignatone (su richiesta del Pg) dice che l’iscrizione nella Capitale, avvenuta due mesi dopo, fu decisa senza elementi nuovi rispetto a quelli di Napoli. La richiesta di pena più lieve per Carrano è dovuta al convincime­nto di Fresa che l’a ttegg iame nto della pm durante la deposizion­e di Vannoni fu “passivo”. La dignità del teste fu lesa da Woodcock e dai militari della pg, a cominciare dal capitano Scafarto, che a questo processo “non sono stati credibili”.

IL SOLO Woodcock è pure incolpato, per un articolo di Liana Milella su Repubblica , di grave scorrettez­za nei confronti dell’ex procurator­e facente funzioni di Napoli, Nunzio Fragliasso e dei pm romani che hanno ereditato l’inchiesta che ha messo sotto accusa, tra gli altri, l’ex ministro Lotti e Tiziano Renzi. Prima delle requisitor­ia, Woodcock ha rilasciato dichiarazi­oni spontanee: “Ho fatto della lealtà un valore assoluto della mia vita” e “quel colloquio con Milella (pubblicato ad aprile 2017, ndr) era una chiacchier­a con un ’ amica che conosco da vent’anni. Ci lasciammo con la sua promessa solenne che non avrebbe scritto. Fu un tradimento”. E ancora: “Senza la mia ammissione che feci al procurator­e Fragliasso per onestà, questa accusa non ci sarebbe stata” perché nell’arti- colo erano riportate le sue frasi come de relato. Nessuna scorrettez­za neppure verso i pm romani: “Con Paolo Ielo ci fu condivisio­ne”. E nessuna vessazione, come denunciato da Vannoni: “Vivo questo mestiere con responsabi­lità, non come esercizio di potere. Ho sempre immaginato il senso di angoscia che prova l’estraneo che entra nel Palazzo di giustizia. La scelta di non indagarlo, fu basata su consideraz­ioni sostanzial­i e formali”. Non per il Pg: “È stato scelto il soggetto più debole per farlo parlare”. Addirittur­a, ipotizza che il nome di Matteo Renzi, mai indagato, non fu fatto spontaneam­ente da Vannoni, come hanno detto tutti gli inquirenti: “Impossibil­e che sia venuto fuori senza una domanda”. Sentenza il 18 febbraio.

LA DIFESA DEL PUBBLICO MINISTERO Non ci fu nessuna vessazione durante la testimonia­nza di Vannoni. E con i colleghi di Roma ci fu condivisio­ne

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Woodcock Ansa
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Ansa Henry John Woodcock

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