Conte, Di Maio e Toninelli: “Scelte collegiali”
In Giunta Depositate le memorie dei ministri e del premier, che sui migranti si autoaccusano
“Siè trattato di decisioni collegiali” giurano il ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli e il vicepremier Luigi Di Maio. “Le azioni poste in essere dal ministro dell’Interno attuano un indirizzo politico istituzionale che il governo da me presieduto ha sempre coerentemente condiviso” insiste il presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Lo scudo offerto al ministro dell’Interno e vicepremier leghista, accusato di sequestro aggravato per la gestione ad agosto dei migranti trattenuti a bordo della Nave Diciotti, pare massimo.
LE SETTE PAGINETTE vergate da Toninelli e Di Maio, che il capo del Carroccio ha chiesto di allegare alla sua memoria, sono state acquisite dalla Giunta per le autorizzazioni a procedere del Senato. Nono- stante le proteste di Pietro Grasso di LeU, che di fronte all’autodenuncia dei membri del governo contenuta nei documenti, ha chiesto, inutilmente, che ne fossero messi al corrente i giudici del Tribunale dei ministri di Catania. Che, come noto, accusano il solo Salvini per la mancata autorizzazione allo sbarco dei migranti della Diciotti tra il 20 e il 25 agosto scorsi.
Per la verità, all’epoca dei fatti contestati, fu lo stesso capo della Lega a rivendicare la sua responsabilità piena nella gestione della Nave Diciotti. Che ora, anche nella memoria presentata a Palazzo Madama, vuole intestare all’intera compagine governativa. E sarà forse per questo che nelle 16 pagine di controdeduzioni alle accuse formulate dai magistrati di Catania, non ha allegato le sue dichiarazioni sul no allo sbarco che pure tanto consenso gli avevano fruttato presso la pubblica opinione. Il “C apit ano ”, infatti, in quei giorni di calura estiva, le aveva cantate un po’ a tutti: al presidente della Camera nonché maggiorente dei 5 Stelle Roberto Fico, perché si ostinava a fare pressing per una soluzione rapida della vicenda. “Che ognuno si occupasse del suo lavoro” lo aveva liquidato Salvini, Che poi si era rivolto in malo modo a Sergio Mattarella e a Giuseppe Conte, sospettati a un certo punto di voler cedere alle pressioni facendo sbarcare i migranti prima che l’Ue facesse la sua parte.
“Io non do’ alcuna autorizzazione allo sbarco. Se vuole farlo il presidente della Repubblica, lo faccia; se vuole farlo il presidente del Consiglio, lo faccia. Ma lo fanno senza il consenso del vicepresidente del Consiglio e del ministro dell’I nt er n o”, aveva detto Salvini il 22 agosto, ovviamente via Facebook. Per poi proseguire con un aut aut: “O cambiate Paese o cambiate ministro”. E che dire delle sue dichiarazioni al Tg5 del giorno successivo? “Io voglio rispettare quello che ho promesso agli italiani: mi piacerebbe che gli alleati facessero lo stesso”, aveva chiosato facendo trape- lare una certa insoddisfazione per l’atteggiamento dei compagni di avventura governativa. Esattamente come era avvenuto poche settimane prima, il 12 luglio, quando il premier s’era dovuto sfilare dalla linea della durezza imposta da Salvini, sempre su ordine di Mattarella, che aveva “invitato” Conte, e per suo tramite il governo, a smetterla e a far sbarcare immediatamente i migranti a bordo della Diciotti, che quella volta era ancorata nel porto di Trapani.
CERTO, da Di Maio non era mancato il sostegno all’alleato leghista, nonostante i toni. “Se Salvini abbia esagerato non me ne frega niente: la cosa più importante di questa storia è che alla fine con l’intervento del presidente della Repubblica si è sbloccata la situazione” aveva detto il capo politico del M5S, che era parso felice di potersi lasciare alle spalle quel momentaccio, risolto solo grazie a Mattarella.
Del ruolo del Quirinale nelle memorie di Salvini, Toninelli, Di Maio e Conte non c’è traccia. Né dei consigli dei ministri dove sarebbero state condivise o riviste le decisioni sulla Diciotti. Mentre puntigliosamente viene ricordato l’articolo 13 del contratto di governo rubricato “rimpatri e stop al business”. Forse un po’ poco in punto di diritto.
Palazzo Chigi Le azioni del vicepremier leghista “attuano l’indirizzo politico istituzionale di tutto l’esecutivo”