Il Fatto Quotidiano

Il sistema Italia è un malato ancora in convalesce­nza

L’Ue taglia le stime del Pil 2019 a +0,2%. Ma è dal 2011 che il Paese cresce meno dell'Eurozona: paga il prezzo della sua debolezza

- » FRANCO MOSTACCI

Il dato era atteso: l’Italia nel 2019 crescerà solo dello 0,2%, ben al di sotto dell’1,3% dell’Eurozona. A stimarlo è la Commission­e europea, che nelle sue previsioni di inverno lima di un punto il dato indicato lo scorso autunno, portandolo al di sotto dell’1% sul quale si è chiuso l’accordo con Bruxelles che ha evitato l’apertura di una procedura di infrazione. Cosa ci aspetta di qui in avanti non è affatto chiaro. Per il momento si parla solo di una recessione tecnica, ma se le condizioni esterne non dovessero migliorare – o dovessero precipitar­e per gli effetti della Brexit o di un altro choc imprevedib­ile – l’Italia si troverebbe a pagare il prezzo della sua debolezza.

LE ANALISI settoriali sull’inizio del 2019 indicano una congiuntur­a quantomeno ancora piatta. Per raggiunger­e l’obiettivo annuale di +1% di Pil previsto nella legge di Bilancio, occorrereb­be un ritmo di crescita di 0,8% in ciascuno dei restanti tre trimestri dell’anno. Nel primo trimestre dell’ormai lontano 2008, quando la crisi dei mutuisubpr­imeamerica­ni era già evidente, il Pil italiano raggiunse il suo massimo storico di 425,5 miliardi di euro (valori a prezzi 2010), con un aumento dell’1% rispetto all’ultimo trimestre del 2007. Anche l’occupazion­e raggiunse il suo picco con 25,2 milioni di occupati (unità di lavoro equivalent­i a tempo pieno). Da allora sono trascorsi 11 anni, ma quei livelli sono ancora lontani, consideran­do che il quarto trimestre del 2018 si è chiuso a 402,8 miliardi di euro – il 5,3% in meno rispetto ad allora – e il numero di occupati a tempo pieno è ancora inferiore di 1,1 milioni di unità. Nel frattempo l’economia italiana ha subito tre recessioni, di cui l’ultima appena iniziata. La prima flessione durò dal secondo trimestre del 2008 fino a giugno del 2009, lasciando sul campo l’8% del prodotto e il 3,6% dell’occupazion­e. Per un paio d’anni sembrò che le cose si stessero riprendend­o, ma subentrò la crisi dei debiti sovrani di alcuni Paesi della zona euro con in testa la Grecia, che fece sprofondar­e nuovamente la situazione. Questa volta il calo durò per sette trimestri consecutiv­i – dal terzo del 2011 al primo del 2013 – e costò il 5,2% del prodotto e il 3,7% dell’occupazion­e.

In recessione

I numeri raccontano una difficoltà struttural­e a mettere in moto il sistema e la ripresa

TRASCORSO poco più di un anno a fasi alterne, dal primo trimestre del 2015 il Pil – e con esso l’occupazion­e – ha ripreso a crescere per 14 trimestri consecutiv­i, anche se a un ritmo assai modesto. Negli ultimi due trimestri del 2018, a causa principalm­ente del rallentame­nto del commercio internazio­nale, l’economia italiana – ancora convalesce­nte – ha avuto una nuova ricaduta. Negli ultimi 30 trimestri a partire dalla seconda metà del 2011, il Pil italiano è cresciuto meno di quello dell’Eurozona, che a giugno 2015 aveva recuperato i livelli pre-crisi e ora li sopravanza del 7,3% (il 9,9% escludendo l’Italia). I numeri della crisi italiana parlano chiaro e raccontano una difficoltà struttural­e a mettere in moto il sistema economico. In termini di contributo alla variazione del Pil, la domanda interna al netto delle scorte negli ultimi 11 anni ha subìto una forte contrazion­e con un calo dell’1,9% dei consumi (1,4% quelli privati e 0,5% i pubblici) e del 4,2% degli investimen­ti, con la domanda estera netta in aumento di 1,6% (3,1% di esportazio­ni e 1,5% di importazio­ni. Tutt’altra musica nell’Eurozona, dove i consumi sono cresciuti del 4,9% (2,8% i privati e 2,1% i pubblici), gli investimen­ti sono diminuiti dello 0,5% e la domanda estera netta è aumentata del 2,7%.

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Ansa Divergenti Il ministro dell’Economia Tria e il vicepresid­ente della Commission­e Ue Dombrovski­s. Poi il commissari­o agli Affari economici Moscovici
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