Il Fatto Quotidiano

Sentenze pilotate al CdS “Ha un pacchetto da dieci”

Consiglio di Stato Le rivelazion­i di Amara, ex legale dell’Eni, sui patti corruttivi tra giudici e avvocati. Quattro finiscono ai domiciliar­i

- » ANDREA OSSINO

“Vinti c’ha un pacchetto di dieci cose là, capito? Perchè quando va a fare qualche operazione... non è che va a fare l’operazione... questi sono per la cosa di Romeo... va là... questi sono per te... no?... Poi negozia dieci cose”. Così, il 16 gennaio 2016, l’ex parlamenta­re Italo Bocchino parlava con l’imprendito­re campano Alfredo Romeo dell’avvocato Stefano Vinti. Era un’intercetta­zione captata nell’ambito dell’indagine Consip, poi confluita in un’altra inchiesta della procura di Roma che riguarda un giro di sentenze comprate al Consiglio di Stato come pure nei tribunali amministra­tivi. Romeo e Bocchino sono estranei a queste vicende, ma dopo le parole dell’ex parlamenta­re si è concretizz­ata l’accusa della Procura di Roma che ha iscritto nel registro degli indagati l’avvocato Vinti per corruzione in atti giudiziari: i pm Paolo Ielo e Stefano Rocco Fava lo accusano di essersi accordato con l’avvocato Piero Amara per corrompere l’ex giudice del Consiglio di Stato Nicola Russo. È scritto nel capo di imputazion­e: “Russo per compiere atti contrari ai doveri d’ufficio (...) riceveva da Vinti - che agiva in accordo (...) con Amara - per sè e per il padre utilità”. Come la nomina del padre a presidente del collegio arbitrale che doveva decidere sulla vicenda Sti-Antas.

A parlare del ruolo di Vinti, è l’avvocato Amara (già indagato per corruzione in atti giudiziari), che ai pm il 24 aprile 2018 rivela: “In un’occasione su richiesta dell’avvocato Vinti per far pervenire utilità economiche a Nicola Russo venne nominato il padre alla presidenza di un arbitrato. Vinti, che non so se abbia erogato al consiglier­e Russo somme di denaro, mi disse di aver ricevuto favori da Russo, in relazione a un contenzios­o che riguardava Romeo”.

PER QUESTO l’avvocato Vinti ieri è stato perquisito. Mentre, nell’ambito della stessa indagine, sono state emesse quattro ordinanze di custodia cautelare ai domiciliar­i. Tra questi l’ex presidente del Consiglio di giustizia amministra­tiva siciliano Raffaele de Lipsis, l’ex consiglier­e della Corte dei Conti Luigi Pietro Maria Caruso, il giudice del Consiglio di Stato Nicola Russo e il deputato siciliano di Popolari e Autonomist­i, Giuseppe Gennuso.

Gennuso era uscito sconfitto per una manciata di voti dalle elezioni del 2012 dell’As- semblea Regionale Siciliana. Fece ricorsi e appelli tra Tar e Consiglio di Stato. In quel contesto avrebbe corrotto “Raffaele Maria de Lipsis (…) versandogl­i somme di denaro non inferiori a 30 mila euro, con la mediazione di Piero Amara, Giuseppe Calafiore e Pietro Caruso”. È in quell’occasione che Amara e con un altro avvocato, Giuseppe Calafiore, stringono rapporti con l’ex magistrato contabile Caruso. Gli stessi che “si sono in seguito sviluppati nei conten- zio si Open Lande AmGro up ”. Si parla di affari importanti: “Il nostro core business erano Open Lande AmGro up ”, racconta Amara il 23 aprile 2018. L’avvocato ricorda i fatti accaduti nel Natale 2014, quando era in corso la camera di consiglio della vicenda Open Land. “Il nostro tentativo fu di non quantifica­re i danni reali ma di implementa­rli”, spiega Amara. Del resto “Nel caso Open Land altro sono i 5/6 milioni che tutti ritenevano, di cui la Frontino (compagna di Calafiore, nd r) aveva diritto, altro è 24 milioni di euro che furono completame­nte inventati” da un consulente “amico”.

PER RIUSCIRE ne ll ’ in te nt o venne organizzat­a una cena a casa di Amara: “C’erano Longo (pm siracusano arrestato lo scorso anno, ndr ), Caruso e Calafiore…”. Il racconto è emblematic­o: “Caruso era a suo dire l’intermedia­rio di De Lipsis (…). Calafiore era in grado di ottenere da Longo qualsiasi cosa nell’ottica di una funzione oramai comprata, mentre

per me Longo era a disposizio­ne a gettone. Caruso ci chiese 30 mila euro per De Lipsis per ottenere le nomine a noi gradite. Calafiore ne versò 20 mila a Caruso”. E così i tecnici “amici” vennero nominati e se non fosse stato per l’intervento della magistratu­ra il sistema Amara avrebbe sottratto cifre importanti ai modesti bilanci del Comune di Siracusa.

Altro spaccato interessan­te riguarda il rapporto con Nicola Russo, lo stesso che come rivelato nel numero in edicola sabato del mensile del Fatto, Fq Millenium, ha più volte giudicato vicende che riguardava­no aziende dei Gravina, nonostante il fratello fosse dipendente del gruppo. Ai pm Amara racconta: “Fu paradossal­mente lui ad aprire il rapporto(…) quando si instaurano quel tipo di rapporti, un giudice che ti chiede un prestito, chiarament­e in modo irresponsa­bile, tu lo dai perché comunque, tra virgolette, mantieni il rapporto col giudice”.

Il verbale “Quando una toga ti chiede un prestito, tu lo dai perché mantieni il rapporto”

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Ansa Palazzo Spada L’inaugurazi­one dell’anno giudiziari­o del Consiglio di Stato. A lato, Giuseppe Gennuso
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