Aiuti umanitari ancora fermi alla frontiera con la Colombia
Più che le armi, per risolvere la crisi del Venezuela è necessario il dialogo. Lo ha detto ieri l'Alto rappresentante per la politica estera dell’Unione europea, Feder i c a M ogherini, ieri a M o n t e v ideo all’apertura dell’incontro del gruppo di contatto internazionale: “L'obiettivo di questo gruppo di contatto non è imporre processi o soluzioni ai venezuelani. È chiaro che la soluzione alla crisi deve arrivare dal popolo del Venezuela. L’obiettivo non è neppure stabilire una negoziazione diretta, ma crediamo che un’iniziativa internazionale sia importante per accompagnare una uscita pacifica e democratica dall’attuale crisi, attraverso elezioni presidenziali libere, trasparenti e credibili”. All'iniziativa prendono parte rappresentanti di Regno Unito, Germania, Spagna, Italia, Paesi Bassi, Portogallo, Francia e Svezia assieme a quelli di altri cinque Paesi dell’America Latina: Bolivia, Messico, Costa Rica, Uruguay ed Ecuador.
Resta il problema degli aiuti umanitari bloccati alla frontiera: “Facciamo appello a tutte le autorità perché ascoltino la voce del popolo, che sta chiedendo l’arrivo degli aiuti e la necessità di un cambiam e nt o ” ha detto mons. Mario del Valle Moronta Rodríguez, vescovo di San Cristóbal, il cui territorio si trova proprio al confine con la Colombia. Si tratta della diocesi immediatamente interessata all’arrivo degli aiuti internazionali che sono giunti in questi giorni al centro allestito in Colombia, nella città di Cúcuta, posta proprio alla frontiera con il Venezuela. Gli aiuti dovrebbero passare per il nuovo ponte internazionale di Tienditas, pronto da anni e mai inaugurato. Ma l’esercito venezuelano ha sistemato alcuni container e rimorchi come blocchi.
Anche la Caritas spinge affinché si apra un corridoio umanitario per portare aiuti alla popolazione, iniziativa che Maduro invece legge come un tentativo di preparare un intervento militare contro di lui.