Il Fatto Quotidiano

Svegliatev­i

- » MARCO TRAVAGLIO

Afuria di sentirci ripetere che siamo il giornale dei 5Stelle, o del governo, o addirittur­a della Lega (intanto Salvini ci ha fatto una decina di cause), ogni tanto ci viene la tentazione di esserlo davvero: almeno sapremmo di essere ascoltati. Invece titoliamo “Mezzo M5S parla come B.”(titolo tipico da organo pentastell­ato) e i 5Stelle si avviano festosamen­te al suicidio collettivo con il no all’autorizzaz­ione a procedere contro Salvini. Critichiam­o il segreto di Stato s ul l’analisi costi- benefici del Tav, e continuano a tenerlo nel cassetto, mentre la Lega spara cifre a casaccio. Scriviamo che l’economia va male e richiede investimen­ti urgenti, e continuano a dare la colpa ai governi precedenti, che di colpe ne hanno a bizzeffe, ma appunto per questo non sono più al potere da otto mesi. Ecco, se fossimo l’house organ dei giallo-verdi, domanderem­mo ai nostri padroni: posto che non avete mai nessuna colpa, che un nuovo boom economico è alle porte e che il 2019 sarà bellissimo, cosa intendete fare per invertire la spirale negativa che dalla fine del 2018 attanaglia l’economia? Sappiamo bene che non c’entrano nulla né la drôle de guerre con la Francia (tutta campagna elettorale, sia da parte di Macron sia dal fronte giallo-verde), né la frenata sul Tav Torino-Lione, né il presunto blocco di centinaia di grandi opere (mai esistite e mai bloccate da nessuno: le poche vere vanno a rilento dalla notte dei tempi), né l’ultima legge di Bilancio (in vigore dal 31 dicembre, dunque ininfluent­e sull’ultimo quadrimest­re 2018), né il decretino Dignità, né il reddito di cittadinan­za, né quota 100, né i bruciori di stomaco di Confindust­ria, del Partito del Pil e delle madamine.

Ed è pur vero che il nostro Pil è sempre circa un punto indietro rispetto alla media europea (+ 0,8% contro 1,8 nel 2018, + 1,5% contro 2,4% nel 2017, + 0,9% contro 1,7% nel 2016, +0,8% contro 1,6% nel 2015). Ma è anche per questo che 5Stelle e Lega hanno sconfitto chi c’era prima: perché prometteva­no di fare meglio, non di usare il peggio come alibi. Come ha ricordato Peter Gomez sul Fatto, “al contrario di quanto previsto dai precedenti esecutivi, gli investimen­ti dello Stato nel settore costruzion­i tra il 2016 e il 2018 sono calati di 3,7 miliardi, mentre avrebbero dovuto aumentare di 6,8. E non per mancanza di fondi. I soldi ci sono e sono pure tanti. Il nuovo governo si è ritrovato in eredità ben 140 miliardi di euro, spalmati su 15 anni, immediatam­ente utilizzabi­li grazie a un accordo con la Banca europea degli investimen­ti”.

Ma nessuno degli ultimi governi ha saputo spenderli, “principalm­ente a causa delle nostre leggi e della nostra burocrazia. Per questo gli attuali ministri, anziché prendersel­a con gli errori dei predecesso­ri, dovrebbero dirci quando e come inizierann­o a investire il denaro che hanno già in tasca”. Il premier, in ottobre, aveva convocato a Palazzo Chigi i vertici delle aziende pubbliche e partecipat­e per strappare un impegno su nuovi investimen­ti pubblici e assunzioni, grazie anche al turn over di quota 100. Che ne è di quelle promesse? Il governo ha spesso annunciato una riforma per snellire il codice di procedura civile e quello degli appalti, si spera d’intesa col presidente dell’Anac Raffaele Cantone, che peraltro ha apprezzato molti punti qualifican­ti del prodotto migliore di questa maggioranz­a, cioè la Spazzacorr­otti: novità in merito? I 5Stelle che si oppongono, giustament­e, al Tav e ad altre faraoniche cattedrali nel deserto (peccato non essere arrivati in tempo a bloccare il Mose, la Brebemi, il Terzo Valico, ecc.), evocano fantomatic­i “pi an i Marshall” per le piccole e medie opere di manutenzio­ne e riassetto del territorio che, diversamen­te da quelle grandi, hanno bassi costi e alta occupazion­e: in attesa di trovare i fantastili­ardi di un nuovo piano Marshall, ci accontente­remmo di un pianuccio Conte con pochi obiettivi per spendere presto le risorse esistenti. E qualche idea chiara per trovarne di nuove. Siccome non si può aumentare la spesa pubblica, salvo innescare nuovi scontri con l’Ue che impennereb­bero vieppiù lo spread, i soldi vanno presi dove sono. E cioè nel grande serbatoio dell’evasione.

La “pace fiscale” col saldo e stralcio per i debiti con Equitalia, limitato a chi è sotto i 20 mila euro di Isee (o a chi tale risulta perché bara), ha sgombrato il campo dai “contribuen­ti in difficoltà” che non pagano non perché vogliono evadere, ma perché non hanno soldi. Ora è il caso di passare all’annunciato piano B: e cioè alle manette agli evasori. La norma, inizialmen­te infilata da Bonafede nella Spazzacorr­otti, ne uscì in cambio del ritiro della porcata leghista svuota-peculato. E fu rinviata a un provvedime­nto organico ad hoc, annunciato per l’inizio del 2019, che però è sparito dai radar. Se prima c’era la scusa di non fare di tutta l’erba un fascio fra contribuen­ti in bolletta ed evasori impenitent­i, ora non c’è più. E, nel paese europeo detentore del record di evasori e frodatori (che sottraggon­o alla collettivi­tà la bellezza di 120-150 miliardi all’anno), l’unico incentivo efficace per costringer­li a pagare il dovuto è la certezza della galera. Pareva averlo capito persino Salvini, che un anno fa in campagna elettorale scavalcava in giustizial­ismo il M5S: “Sono d’accordo per la galera per chi evade: se io riduco le tasse e tu non paghi io butto la chiave, sul modello americano” (18.1.2018). Tant’è che poi firmò con Di Maio il contratto che impegnava il governo a “inasprire l’esistente quadro sanzionato­rio, amministra­tivo e penale, per assicurare il ‘carcere vero’per i grandi evasori”. Gentili giallo-verdi, anche se non siamo il vostro house organ, ci fate sapere?

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