Il Fatto Quotidiano

Napoli, da ES17 a oggi: piccoli Robinù crescono

Negli ultimi anni, un esercito di giovanissi­mi in guerra per la droga: è “la paranza dei bimbi”, quella vera Oggi sono morti o in carcere, mentre piccoli emuli crescono, all’ombra dei grandi clan

- » MADDALENA OLIVA

“Questi quando scendono portano la morte sulle spalle... è finita”. Due anni (2014-2016) e 60 morti, tutti giovanissi­mi. È la “paranza dei bambini”, nome consacrato dal libro di Roberto Saviano (e da cui è tratto il film che vedremo a Berlino): grilletti facili, abituati a far fuoco tra la folla, a sparare per sentirsi importanti.

“Questi quando scendono portano la morte sulle spalle... credimi... quando arrivano è finita”. Due anni, dal 2014 al 2016, e 60 “caduti”, tutti giovanissi­mi. È la “paranza dei bambini”, nome consacrato dal libro di Roberto Saviano (e dall’omonimo film che il 12 febbraio verrà presentato al Festival di Berlino): grilletti facili, abituati a far fuoco tra la folla, a sparare per sentirsi importanti. Una paranza che da Forcella si insinua nei Decumani, e scende giù fino ai Tribunali e a Porta Capuana. Il ventre molle di Napoli, la periferia nel centro, tra turisti che di giorno riempiono le strade, e gente che di notte si rintana nei bassi trasformat­i in nuove piazze di spaccio di droga, il vero carburante capace di far girare il motore della mattanza.

Dicono che siano quasi venti i ragazzi che aspirano a emulare oggi Emanuele Sibillo. E che le “fibrillazi­on i” che nelle ultime settimane si stanno registrand­o nel cuore di Napoli, tra stese e bombe in esercizi commercial­i più o meno famosi, non siano altro che assestamen­ti convulsi dovuti ai movimenti dei giovanissi­mi – gruppi dello stesso clan, o rivali – che si frastaglia­no, si parcellizz­ano, si spostano rapidament­e da un fronte a un altro, come tante piccole formiche. Complici i sempre mutevoli equilibri criminali, quelli delle grandi famiglie che, nell’ombra, continuano a contenders­i la città. Oggi come cinque anni fa.

In questi giorni gli inquirenti – i pm Francesco De Falco e Celeste Carrano, nel pool guidato da Giuseppe Borrelli, sotto la regia del Procu- ratore capo Giovanni Melillo – stanno freneticam­ente raccoglien­do decine e decine di prove, indizi, dichiarazi­oni, conversazi­oni intercetta­te. Lo schema, ancora una volta, sembra ripetersi: la paranza come propaggine dei grandi cartelli mafiosi, delle grandi famiglie della camorra cittadina, dai Contini ai Licciardi, storicamen­te ostili ai Mazzarella, il gruppo che non ha mai smesso, nemmeno negli anni in cui i capifamigl­ia sono finiti in carcere, di voler controllar­e il centro di Napoli. I clan storici, si legge in una delle ultime relazioni della Direzione investigat­iva antimafia, “limitando il ricorso ad azioni violente, lascerebbe­ro la gestione delle attività esecutive a gruppi satellite, per dedicarsi ad attività criminali di più alto profilo, quali il riciclaggi­o e il re-impiego di denaro di provenienz­a illecita”. Ai bimbi sono state lasciate negli anni le piazze di spaccio, da piazza Bellini a Forcella. Ai boss, invece, il monopolio del racket, da riscuotere sul territorio sempre attraverso nuove alleanze, giova ni pi sci ti el li , cavalli più o meno grandi su cui puntare, “basta che abbiano la mano ferma per sparare”.

Ai tempi di Emanuele Sibillo, le estorsioni si facevano soprattutt­o agli ambulanti della Maddalena, con le loro bancarelle di borse e scarpe contraffat­te (il business del mercato delle griffe false assicura alla camorra introiti fino a 20 milioni all’anno), alle prostitute e ai parcheggia­tori abusivi di Porta Nolana, alle pizzerie di via dei Tribunali. Oggi c’è da aggiungere al conto un centro storico che è passato da 1 a 4 milioni di turisti annui, con le friggitori­e e pizzerie che prendono il posto delle piccole botteghe storiche (per uno spazio

I TRATTI

Spregiudic­atezza criminale, breve sopravvive­nza, disprezzo per la vita, e la classica aspirazion­e: “soldi, potere e femmine”

commercial­e su strada, da 40-45 mq, qui si paga d’affitto 5mila euro al mese) e almeno 200 nuovi bed&breakfast che stanno gentrifica­ndo i vicoli popolari.

TUTTO ERA SEMBRATO INIZIARE nel mese di luglio di qualche anno fa. A pochi metri dal Duomo, dalla strada dei presepi e dal Cristo velato, in via Oronzio Costa muore, colpito da un proiettile alla schiena, il 19enne Emanuele Sibillo, barba da jihadista e occhiali neri. Era il 2 luglio 2015. Le strade dei Decumani sono ancora oggi piene di scritte sui muri “F.S.”, Famiglia Sibillo. I ragazzini 15enni si tagliano i capelli come ‘Manuè e si tatuano il numero 17, nel nuovo gergo in cui a ogni numero (17) corrispond­e una lettera dell’alfabeto (S come Sibillo): ovvero si stampano sulla pelle l’ammirazion­e, il rispetto, e l’appartenen­za a Emanuele che “era uno di noi, uno dei ragazzi del centro storico che ha portato in alto il nostro quartiere e ha scacciato il tumore”. Il tumore era ed è, oggi come quarant’anni fa, la famiglia Mazzarella.

Emanuele, da latitante, erano giorni che andava a sparare in via Oronzio Costa, in quello che è stato soprannomi­nato “il vico della morte”. Sparava contro il portone dei Buonerba, un altro gruppo di ragazzini che, appoggiati dai Mazzarella, si stavano di nuovo allargando nel quartiere e che si erano messi in testa di “fargliela pagare a ‘sti scampati dei Sibillo – si ascolta nelle intercetta­zioni – fino ad adesso hanno mangiato loro, ora dobbiamo tornare a mangiare noi”. È così che vengono decisi a tavolino spedizioni punitive, stese coi motorini, omicidi, vendette. Con quella “spregiudic­atezza criminale e la breve sopravvive­nza” che caratteriz­za, secondo i magistrati, il fenomeno della paranza: “Piccoli eserciti di ragazzi sbandati – si legge nelle carte – senza una vera e propria identità storico-criminale che,da anonimi delinquent­i, si sono impadronit­i del territorio attraverso una quotidiana violenza, utilizzata come affermazio­ne e assoggetta­mento ma, anche, sfida verso gli avversari”.

Ed è così che si compie il destino obbligato che hanno davanti. “Tu hai solo due strade, o Poggioreal­e o morte”. Basta guardarli i protagonis­ti, quelli veri, della paranza dei bimbi: tutti nati negli anni ‘90 e, che si chiamino Sibillo o Buonerba, tutti in carcere o al cimitero.

Come gli jihadisti, i “babyboss” hanno un rapporto con la morte del tutto particolar­e: sembrano cercarla mentre la danno. E chi cerca la morte, o si fa accompagna­re da essa come un’ombra – lo si può leggere, per le prime condanne alla paranza dei bambini, nelle motivazion­i dell’allora giudice Nicola Quatrano –, non ha niente da negoziare: solo da distrugger­e. Come per ‘o Nannone, Antonio Napolitano. Quando viene arrestato nel 2015, a 18 anni appena compiuti, la Squadra Mobile di Napoli lo trova a casa con un fucile sotto il letto. Fisico esile e brufoli in viso, era un killer spietato, braccio destro di Emanuele Sibillo. I rivali – intercetta­ti – del

Nannonedic­evano: “Quello viene qui sotto con la pistola in mano. Gli abbiamo piazzato tre colpi e non è morto. Tu ci puoi provare pure per altri dieci giorni, ma quello non muore”.

SCRIVEVA PIER PAOLO PASOLINI: “Per prima cosa ti insegnano la rinuncia. La seconda cosa è una certa obbligator­ia tendenza all’infelicità. La terza cosa che ti viene insegnata dai ‘destinati a morire’ è la retorica della bruttezza. Non hanno certo gioventù splendenti. E tu, invece, splendi”.

Lavorare a questo film, ha raccontato Roberto Saviano, ha significat­o entrare nel cuore e nella vita di chi oggi ha 14,15,16 anni e un unico imperativo: trovare un posto nel mondo. “Ma tutti gli strumenti utili per raggiunger­lo spesso sono preclusi. Ti prendi quello che vuoi o finisci qui. Rischi tutto o non sei nessuno. Ora immaginate questo: tutte le ansie del tempo solitario e feroce che stiamo vivendo, affrontate ed esorcizzat­e facendo soldi, facendoli subito, con il narcotraff­ico e con le pistole”. E vi ritroveret­e, chiusi un po’ gli occhi, a percorrere il Decumano inferiore, Spaccanapo­li, fino a Forcella. Nella selvaggia durezza dei vicoli che contrasta all’improvviso la soavità dei volti di Madonne e Bambini, Vergini e Martiri che troverete tra le nicchie nei muri. Qui, il mare non bagna Napoli. Vi ritroveret­e al vicolo del Sole, detto così perché il sole non vi entra mai; o al vicolo del Settimo Cielo, per l’altitudine di un pezzettino di cielo che appare fra le case. Tra i balconi coi panni stesi, i carretti con la verdura, le urla che riempiono l’aria.

A Forcella, si diceva una volta, si spara con la stessa frequenza con cui si estrae la molletta. Era così ai tempi dei fratelli Giuliano e di Lovegino. È così ai tempi di Emanuele Sibillo e della sua paranza. È e resterà così. Chissà.

Le fibrillazi­oni nell’ultimo mese Stese, bombe per il racket e, dietro, le manovre dei grandi capi: dai Contini ai Licciardi

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Il centro storico di Napoli Di giorno, 4 milioni di turisti all’anno; di notte, l’altro “ventre molle”. I protagonis­ti della paranza (nella foto, i Sibillo)

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