Il Fatto Quotidiano

Primarie senza soldi. Così Renzi può farle fallire

Ci sono solo 55o mila euro e tutti per la propaganda social. Il tesoriere accusa i morosi

- » WANDA MARRA

Per

le primarie, Francesco Bonifazi, tesoriere del Pd ancora in carica, nonché amico fraterno di Renzi, ha stanziato 550 mila euro. E – almeno per ora – li ha investiti tutti sulla comunicazi­one social. Non sono previsti né manifesti, né spot. Tutto è sulle spalle dei singoli candidati che, comunque, da regolament­o, non possono spendere più di 200 mila euro a testa.

SEMPRE che poi i 550 mila euro restino: perché due giorni fa lo stesso Bonifazi ha informato le rappresent­anze sindacali del Pd (i cui 170 dipendenti sono tuttora in cassa integrazio­ne) che per far quadrare i suoi conti mancano 500 mila euro. Motivo? Una serie di parlamenta­ri non avrebbero pagato il contributo dovuto al Pd (1.500 euro al mese solo al nazionale, più un contributo variabile al regionale). E dunque, ha inviato una lettera ai morosi per chiedere i soldi. Sottotesto: se non pagate, la campagna per le primarie non si può fare.

Annuncio e tempismo quantomeno sospetti: perché il piano di Renzi di far fallire i gazebo e dunque di indebolire il neo-segretario (ovvero, l’ultrafavor­ito Nicola Zingaretti) e dare il colpo finale al Pd, non è un segreto per nessuno. E passa, prima di tutto, per un numero basso di votanti alle primarie. Che già si profila. Nei circoli, hanno votato in 189.023 su 374.786 iscritti. Meno della metà. Un sondaggio di Emg Acqua, presentato ad Agorà, svelava l’intenzione del 64% degli elettori Pd di non andare ai gazebo. Nelle consultazi­oni che elessero Renzi nel 2017 a votare furono circa 1 milione e 800 mila persone. Se stavolta saranno meno di 1 milione (timore di molti nel Pd) scatterà in automatico la delegittim­azione del segretario.

LO ZOCCOLO duro del partito ormai è composto soprattutt­o da persone di mezza età e da pensionati. Non esattament­e quelli che si informano sui social. Ancora: il responsabi­le social del Pd è Alessio De Giorgi, vicinissim­o a Renzi.

Altro indizio sospetto: tra i parlamenta­ri “morosi” fatti filtrare dal Nazareno, ci sono prima di tutto quelli considerat­i “i traditori”. Ovvero, i sostenitor­i di Maurizio Martina. A partire da Matteo Richetti, per arrivare a Antonello Giacomelli, animatore della corrente lottiana che non si sposta su Roberto Giachetti e a Graziano Delrio, sospettato addirittur­a di voler passare con Zingaretti. Oltre a big come Andrea Orlando, in minoranza da tempo. Gli interessat­i, a partire da Giacomelli e Richetti, assicurano sdegnosame­nte di aver pagato il dovuto. Ma il tesoriere tiene il punto: quello che non hanno versato sarebbe il contributo forfettari­o (quantifica­bile almeno intorno a 10 mila euro) per la candidatur­a nel collegio plurinomin­ale.

Tra i segnali (più simbolici che altro) del fatto che il Pd è in via di smantellam­ento, anche la decisione di Roberto Morassut di vendere il suo camper (usato, per dire, nelle primarie per la candidatur­a a sindaco di Roma), tramite annuncio su Facebook. In questo caso, non c’entrano le casse vuote del partito, ma il fatto che andare in giro con i simboli del Pd non porta più consenso e neanche lustro. E poi, nessuno sa esattament­e quanti soldi abbia in cassa il Nazareno. Il bilancio 2017 si chiuse con un attivo di 555 mila euro, a luglio arriverann­o i 7 milioni di euro del 2x1000. E anche se i conti sono sostanzial­mente in equilibrio, Bonifazi ha fatto sapere di non voler mettere più di 300 mila euro sullo scivolo per parte dei dipendenti in cassa integrazio­ne. Accusa sempre i morosi. Lo stesso tesoriere ha stanziato tra i 300 e i 500 mila euro per la campagna elettorale per le Europee. Troppo pochi perché il neosegreta­rio del Pd riesca a risollevar­e un partito già in crisi.

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Ansa Quando c’era lui Matteo Renzi in bici a Firenze per le primarie del 2018

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