Napoli, la grande abbuffata dei posti nella (vecchia) Acea
Gori spa, gestore del servizio idrico tra il capoluogo e Salerno, assunse centinaia di persone soltanto perché segnalate dai politici locali
La società mista campana Gori spa, controllata di fatto da Acea, la multiservizi di Roma, e assegnataria della gestione del servizio idrico tra le province di Napoli e di Salerno, assunse centinaia di persone soltanto perché segnalate dai politici locali. E lo fece su ordine dell’allora Ad Stefano Tempesta, scelto da Acea, e da altro management proveniente dalla multiutility romana. Lo afferma la Procura di Torre Annunziata (Napoli) in 17 pagine depositate al termine di un’inchiesta di quasi dieci anni, nata su una notizia di reato del 1º dicembre 2007 a Massa Lubrense, relativa ad antiche gestioni di Gori e Acea, e inghiottita nei giorni scorsi dal gorgo di una archiviazione per prescrizione.
QUELLO RIASSUNTO nell’atto giudiziario dei pm torresi è il racconto harddi una colossale clientela. Secondo la Procura, Acea, che in virtù dei patti parasociali guidava Gori attraverso il 37% intestato alla società veicolo Sarnese Vesuviano srl, decise consapevolmente di gonfiarne in maniera abnorme l’organico, riempiendolo di personale poco qualificato, purché raccomandato. Perché la sua stella polare – è la ricostruzione frutto di testimonianze, documenti e intercettazioni – non era quella di rendere un servizio efficiente per la collettività, ma disegnare a ogni costo bilanci positivi per consolidare il titolo in Borsa di Acea negli anni prima del 2009. E per questo c’era bisogno del beneplacito dei politici. Ovvero sindaci e amministratori dei 76 Comuni azionisti dell’Ente d’Ambito Sarnese Vesuviano (Easv), interamente pubblico, detentore del 51% delle quote e dunque “controllore” di Gori-Acea, coi quali si approvavano i bilanci e i piani di sviluppo di Gori: venivano nutriti e addomesticati con le assunzioni clientelari del loro “elettorato”. “Incarichi e retribuzioni sono dipese solo dal peso del politico segnalante”, sostiene il pm. L’intera logica ‘speculativa’non fu ostacolata, perché chi avrebbe dovuto controllare non lo fece e in qualche caso andò a lavorare dai controllati. La Procura sottolinea che il primo presidente di Easv fu un politico in quota Ds-Pd “vicino a Bassolino”, Alberto Irace, che nel 2007 “improvvisamente lasciava la poltrona per accettare l’incarico propostogli di dirigente proprio in Acea”. Negli anni successivi ne diventerà amministratore delegato, dopo aver lavorato in Toscana come Ad di Publiacqua, luoghi in cui si avvicina al mondo di Matteo Renzi. “Irace fu compiacente alle finalità egemonistiche di Acea”, scrive la Procura.
È tutto nero su bianco – tranne le amicizie e i curriculum delle persone citate – nelle 17 pagine della richiesta di archiviazione della Procura e vistate dal Gip. Non ci sono più reati perseguibili. Fatti vecchi, gestioni risalenti a una decina di anni or sono. Si era accumulata una tonnellata di polvere sul tavolo della grande abbuffata delle 674 assunzioni com- piute fino al 2007. A un certo punto, Gori era così strapiena di personale che dirottò i raccomandati verso le società appaltatrici dei servizi esternalizzati nonostante l’organico monstre, come Acquaservizi. Gli operai facevano i colloqui in Gori e poi venivano presi in Acquaservizi.
Tutto ciò per la Procura non configura un’associazione a delinquere tra dirigenti Gori-Acea, politici e imprenditori dei 100 appalti Gori monitorati intorno a una torta di 90 milioni di euro, ma solo un caso di “malcostume”, una “privatizzazione all’italiana” che ha perseguito “miseri interessi clientelari”.
PRESCRITTO tutto il resto, compreso un episodio di corruzione e un altro di frode in pubbliche forniture a Capri. I 26 indagati del fascicolo 2989/10 possono tirare un sospiro di sollievo. A cominciare dal subappaltatore- politico della costiera sorrentina che fu perquisito dalla Finanza nel giugno 2010, e preso dal panico gettò uno dei suoi personal computer nel fuoco. L’hard disk fu salvato ed emersero le tracce di un favore: i suoi lavori di ristrutturazione gratuiti nella casa dell’Ad Tempesta a Roma, uno dei cinque nomi sull’avviso proroga indagine del novembre 2010 per reati di abuso d’ufficio, turbativa d’asta, falso e truffa. L’unico atto trapelato e conoscibile fino all’archiviazione di 8 anni e mezzo dopo. Un altro dei cinque indagati in chiaro era Giovanni Marati, rinominato poche settimane fa Ad di Gori dopo esserlo stato dal 2009 al 2014. Anche Marati, come Irace, è stato Ad di Publiacqua, la ‘renzianissima’ società pubblica toscana presieduta dall’amico di Renzi Filippo Vannoni, indagato nell’affaire Consip. Nomi che ricorrono nel giro delle gestioni del servizio idrico.
Ora queste archiviazioni, più severe di una condanna, daranno nuovi argomenti a chi chiede che la gestione dell’acqua torni ad essere interamente pubblica. Come stabilito da un referendum del 2011.
Torre Annunziata
La Procura ha chiesto – causa prescrizione – di archiviare, ma emerge un quadro impietoso