Gli otto difficili mesi del prof. Giovanni Tria, ministro del Quirinale nel governo Lega-M5S
Tre lineeTesoro, Farnesina e, a tratti, Palazzo Chigi lavorano per garantire continuità
Giovanni
Tria è il ministro dell’eterogenesi dei fini. Arrivato a via XX settembre su indicazione di Paolo Savona, bloccato dal poco accorto niet di Sergio Mattarella, il preside della facoltà di Economia di Tor Vergata avrebbe dovuto incarnare se non la linea dell’attacco all’Eurozona, almeno quella del cambiamento delle politiche su cui così spesso aveva battuto da economista ( più investimenti, meno austerità cieca).
EVIDENTEMENTEal Quirinale hanno letto il personaggio meglio di quanto non abbiano fatto i gialloverdi e, in particolare, il ministro degli Affari Ue oggi destinato alla Consob: Tria in- fatti, insieme a Enzo Moavero Milanesi e (a intermittenza) Giuseppe Conte, rappresenta la linea del Quirinale nel governo di Lega e 5 Stelle, linea che potremmo riassumere nel nattiano “rinnovamento (poco) nella continuità ( m ol ta )”. Non che il professore, già consulente di Renato Brunetta ne ll’ultimo governo Berlusconi, da allora abbia lasciato dubbi sulla sua collocazione in questo bizzarro governo tripartito. La sua prima scelta da ministro fu, in questo senso, illuminante: confermare l’i n te r a squadra di tecnici che era stata al Tesoro con Pier Carlo Padoan. Al ministero ottimamente rimasero il capo di gabinetto Roberto Garofoli (poi dimessosi su pressioni di Palazzo Chigi dopo che Il Fattoaveva raccontato di un suo conflitto di interessi con Croce Rossa e del lavoro in nero nella casa editrice di famiglia) al Ragioniere generale dello Stato Daniele Franco fino ad Alessandro Rivera, già capo della Direzione sistema bancario negli anni del bail-in e dei risparmiatori azzerati, promosso direttore generale al posto del candidato dei 5 Stelle, Antonio Guglielmi, analista di Mediobanca contro cui il CorSera arrivò a schierare in prima pagina il duo Giavazzi-Alesina.
GIOVANNI TRIA è poi stato fedele al suo debutto: checché pensasse dei parametri di bilancio Ue da economista, da ministro ha proseguito nel sol- co di Padoan ( trattare per qualche sconto sul deficit, ma senza mettere in discussione il consolidamento fiscale). Siamo alla fine dell’estate e, in attesa della Nota di aggiornamento al Def, per la grande stampa italiana il professore di Tor Vergata diventa una sorta di Madonna di Lourdes che converte i peccatori populisti grazie allo sguardo magnetico nascosto dietro agli occhialoni: Tria, a quel tempo, era accreditato di un accordo già chiuso con l’Ue per fissare il deficit pubblico del 2019 all’1,6% del Pil, generosamente più alto dello 0,8% promesso da Paolo Gentiloni e Padoan
Tutti gli strappi Lo staff di Padoan riconfermato, la trattativa parallela con l’Ue sul deficit e ora le nuove tensioni
ad aprile, ma abbastanza basso da accontentare i brussellesi.
Si sa com’è andata a finire: col 2,4% scritto nel Def e i grillini a festeggiare sul balcone prima che la realtà, un paio di mesi dopo, chiamasse i giri e costringesse il governo a stringere un accordo con l’Europa attorno al 2% di disavanzo, più o meno la mediazione che Tria proponeva da settimane. Il ruolo del ministro, in questi mesi a via XX settembre, è stato duplice: da un lato il richiamo alla prudenza necessaria per chi governa un Paese esposto al ricatto dei mercati e a quello delle sue controparti a Bruxelles e Francoforte; dall’altro la scelta, anche antropologica, di adesione allo
status quo garantito dal Colle (il coraggio, se uno non ce l’ha, non se lo può dare...).
PASSATA la manovra, sperava d’aver trovato pace, ma ora si ritrova con la grana della nomina del vicedirettore di Banca d’Italia Signorini che, se fosse per lui, avrebbe già firmato (“voi siete pazzi”, ha detto a Di Maio). Non aiuterà il suo rapporto coi 5 Stelle, già accidentato in questi mesi dalle benedette “coperture”, l’intervista rilasciata ieri alla S t a mp a : “Dobbiamo dimostrare di essere affidabili. Prendiamo il Tav: quando si parla di infrastrutture c’è bisogno di certezze”. Si dirà: ma tanto Tria è in quota Lega... “Proprio no...”, rispondono da via Bellerio.