Autonomia che vai, reddito che trovi: Trentino e Alto Adige divisi sulla “card”
Bolzano boccia le nuove norme, Trento cambia regole (e penalizza gli stranieri)
L’Alto
Adige si ribella al reddito di cittadinanza e pensa al ricorso alla Corta Costituzionale. Il Trentino invece lo accoglie a braccia aperte, sperando di risparmiare così qualche milione di euro. Le due province autonome si trovano all’i mprovviso agli antipodi nella discussione su uno dei provvedimenti bandiera del governo gialloverde.
Da un lato l’alt oat esi no Arno Kompatscher grida alla rivolta: “È molto meglio quello che già facciamo da noi”. Dall’altra, il consiglio provinciale trentino, da qualche mese a trazione leghista, approva una varia- zione di bilancio per preparare il terreno all’iniziativa nazionale.
Kompatscher è il leader della Svp, la Suedtiroler Volkspartei, e l’intento di guidare la rivolta viene presentato come una difesa dell’autonomia:
“Nella nostra Provincia il reddito di cittadinanza nazionale non conviene.
I nostri strumenti sono già migliori rispetto alla normati- va statale, sia per quantità sia per qualità – spiega il presidente della Provincia di Bolzano –. Sono più accessibili e più semplici anche nelle procedure amministrative”.
Kompatscher sta pensando di ricorrere alla Corte costituzionale per difendere quella che secondo lo Statuto d’a ut onomia è una competenza primaria della provincia. Chiudendo così le porte a ogni tentativo di manovra calata da Roma. L’annuncio imbarazza la Lega che a Bolzano governa da qualche mese proprio con la Svp. Mentre dall’opposizione il Movimento Cinque Stelle altoatesino attacca Kompatscher e i suoi, definendo il welfare locale come troppo assistenzialista.
IN ALTO ADIGE c’è il cosiddetto “reddito minimo di inserimento”. È pensato per soddisfare i bisogni fondamentali di ogni individuo: alimentazione, abbigliamento, igiene e salute. Si rivolge a tutti i cittadini bisognosi, ita- liani o stranieri, basta che vivano in provincia di Bolzano da almeno 12 mesi. Il contributo può arrivare fino ai 600 euro e non c’è nessun obbligo di cercare un lavoro. Non solo: la Provincia dà anche un contributo per l’affitto per coloro che non sono proprietari di immobili. L’importo varia in base al reddito e al comune di residenza. Ed ancora: un altro bonus viene concesso per le eventuali spese condominiali. Tutto questo viene finanziato con fondi del bilancio della Provincia. Accedere a quelli statali porterebbe a un risparmio, ma costringerebbe gli
Su al Nord Il leader della Svp guida la rivolta e pensa al ricorso alla Consulta. Peccato governi col Carroccio...
altoatesini ad adattarsi a un sistema nuovo, meno vantaggioso.
A Trento, invece, il ragionamento è stato di segno opposto. Con una variazione di bilancio – contestata da Pd e autonomisti all’opposizione – la Lega sostituirà da aprile il reddito di garanzia trentino con il reddito di cittadinanza nazionale. La giunta provinciale spera così di risparmiare alcuni milioni di euro di fondi provinciali: i primi calcoli parlano di un massimo di 13 milioni di euro, che potrebbero essere reinvestiti poi, magari in altre misure di welfare.
MA LA NOVITÀcambia le regole, a danno soprattutto – e non è un caso – degli immigrati. Infatti per accedere al reddito di cittadinanza servono 10 anni di residenza in Italia. Prima bastavano tre anni di residenza in Trentino. Secondo le stime, quasi il 40 per cento delle persone che accedevano all’assegno trentino non avranno i requisiti per il reddito di cittadinanza.