Il Fatto Quotidiano

Renzi lo fece eleggere al Csm ora “nasconde” il simbolo del Pd

- WANDA MARRA

Giovanni Legnini, candidato del centrosini­stra in Abruzzo, in questi giorni vede la rimonta. Che vorrebbe dire anche un secondo posto, sufficient­e per mettere in difficoltà l’alleanza di governo gialloverd­e. Classe 1959, abruzzese fino al midollo, ha messo su una coalizione di 8 liste, di cui 7 sono civiche e una è del Pd (ma il simbolo è nascosto). Con una continuità non esibita, ma sotterrane­a (e dovuta) con il suo predecesso­re, Luciano D’Alfonso. La sua carriera politica iniziata in un Pci mai rinnegato, prosegue nei Ds e nel Pd, sempre con un legame privilegia­to con la “Ditta”, nel filone che va da Anna Finocchiar­o a Giorgio Napolitano, passando per Luciano Violante. Prima senatore, si distingue per essere il “risolutore” di problemi: l’uomo che – da capogruppo in Commission­e Bilancio – è in stretto contatto con il ministero dell’Economia. Durante il governo Letta diventa Sottosegre­tario a Palazzo Chigi, con deleghe all’Editoria e all’attuazione del Programma. Poi, con Matteo Renzi, è Sottosegre­tario all’Economia. Noto per parlare con tutti, i suoi rapporti con i renziani sono sufficient­emente buoni da portarlo a diventare vice Presidente del Csm, eletto con i voti di Dem e FI. Renzi ha bisogno di una garanzia e lui evidenteme­nte lo è. Tra i suoi compiti, quello di nominare decine e decine di capi delle Procure. E di tenere sotto scacco magistrati come Nino Di Matteo, Alfredo Robledo e Henry John Woodcock.

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