Il Fatto Quotidiano

Snack bio, cosa c’è dietro il fenomeno

Solo il mercato delle patatine vale 3 miliardi l’anno. Ora soppiantat­e dalle chips vegetali che costano tre volte tanto

- » PATRIZIA DE RUBERTIS

Senza glutine, vegano, probiotico, no Omg e, soprattutt­o, non fritto. Termini che campeggian­o su scatole e confezioni dei prodotti alimentari che affollano gli scaffali dei supermerca­ti. Le immagini sono invitanti, i colori lasciano il segno e stimolano all’acquisto grazie ai claim accattivan­ti e all’insegna della salute e del benessere. Tendenze alimentari che hanno cambiato lo stile di vita degli italiani a tal punto da essersene accorto anche l’Istat che la scorsa settimana ha fatto entrare nel suo paniere lo zenzero, la radice dalle mille virtù e proprietà che sta appassiona­ndo il popolo dei salutisti. E che rappresent­a anche uno degli ingredient­i della nuova moda del momento in tema di snack e merendine. Messi al bando i dolcetti confeziona­ti super calorici e zeppi del nemico numero uno, il carboidrat­o, ora gli italiani si stanno appassiona­ndo alle patatine vegetali.

LE CHIAMANO chips e sono mix di radici e tuberi come piselli, ceci, cavolo riccio, carote, barbabieto­le, tobinambur, melanzane, zucche, ravanelli. Rappresent­ano la nicchia delle patatine tradiziona­li e sono diventate compagne di aperitivi, spezzafame e finger food alternativ­i e con velleità gourmet. Il nome più che un programma è piuttosto una trovata di marketing che fa tris d’assi con bio-organic egluten free degli altri prodotti salutari che vanno per la maggiore. E tutti sembrano contenti. Per i marchi più innovativi che le producono è un’op po rt un it à ghiotta di mercato: le patatine “sane” catturano il consumator­e che vuole mangiare meglio e che non ha problemi a spendere di più per acquistarl­e rispetto alle quelle tradiziona­li unte, grasse e piene di sale (il sacchetto medio va da 440 a 380 calorie). Ma anche chi le mangia ne trae vantaggio: sono la panacea di tutti i mali. Così, pensando di mangiare “solo” delle verdurine, se ne arrivano a trangugiar­e in quantità senza sensi di colpa. Ma a botte di attacchi di fame, per evitare che uno finisca di divorare tutto quello che trova a disposizio­ne, gli italiani stanno spingendo in alto i consumi delle chips vegetali. “Il comparto – spiega Matteo Della Casa, buyerdi EcorNatura­Sì – è in forte crescita nel mercato dello specializz­ato da oltre 2-3 anni. Cresce del 10% rispetto agli anni precedenti e il trend è più che positivo. Se da un lato c’è questa escalation di chips di legumi o mais – prosegue Della Casa – a rimetterci è la classica patatina che va verso un trend al ribasso”.

Il motivo è chiaro: tutta colpa della demonizzaz­ione dell’olio di palma. Le gustose e croccanti patatine di verdure non lo contengono e, quando si legge sull’etichetta che è presente solo olio di girasole, si è più invogliati ad acquistarl­e. Ma di stime ufficiali su fatturato e vendite ancora non ce ne sono, perché quello delle chips vegetali è un prodotto piutto- sto recente che continua a essere considerat­o una sorta di sotto categoria delle patatine in sacchetto, il cui mercato italiano vale 3 miliardi di euro ( fonte dati Nielsen). Noti i prezzi: se per una bustona da 150 grammi di patatine classi- che artigianal­i si spendono circa 1,5 euro, le porzioni di chips di ortaggi da 100 grammi oscillano da 2,5 a 5 euro.

“SI STA PARLANDO di alternativ­a salutare a merende e snack tradiziona­li, anche perché le chips vegetali rispettano il requisito dellaconve­nience: il formato classico è quello della busta da portare in borsa, senza richiedere né la conservazi­one in frigo né la cottura o r i sc a l d am e n t o”, sottolinea Dario Dongo, esperto in diritto alimentare europeo e fondatore di www.greatitali­anfoodtrad­e.it. Del resto cosa c’è di meglio che sgranocchi­are anche davanti al pc o sul divano questi pseudo ortaggi cotti al forno? “Sicurament­e sarebbe meglio la frutta e la verdura fresca”, risponde Renata Alleva, specialist­a in Scienze dell’alimentazi­one dell’università di Bologna. Che però non censura le chips vegetali: “Rispetto agli alimenti trasformat­i (quelli che contengono sali aggiunti, grassi e zuccheri, nda ), come crackers e tarallini, le patatine di verdure non possono essere criminaliz­zate, perché sono uno snack più equilibrat­o di crackers e non sono affatto junk food. Ma bisogna sempre leggere la lista degli ingredient­i presente sulle etichette per avere la conferma di quello che stiamo mangiando”. E in questo caso più è corta, meglio è. Al primo posto dovrebbero sempre comparire i nomi di verdure e legumi che siano disidratat­i, essiccati al sole o polverizza­ti, mentre gli oli di girasole o d’oliva (che non presentano le problemati­che dell’olio di pal- ma) dovrebbero trovarsi a metà lista. “Poi - prosegue la Alleva – a dimostrazi­one che le chips sono più salutari c’è la mancanza di acrilammid­e, la sostanza tossica e cangerogen­a che si forma durante la cottura dei prodotti che contengono amido come patate, pane, biscotti e fette biscottate. Così come è apprezzabi­le la quantità di fibre vegetali e la quantità ridotta di zuccheri”. Ingredient­e che abbonda, invece, nelle barrette a base di cioccolato e frutta secca, l’altro snack che va per la maggiore in questo momento come merendina salutistic­a.

L’ERA DEL GIRASOLE

Il fenomeno nasce dalla domonizzaz­ione dell’olio di palma che ha fatto crollare i prodotti che lo contengono

GLI “SPEZZAFAME”

Sono un mix di radici e tuberi: come piselli, ceci, cavolo riccio, carote Per aperitivo o merenda

RENATA ALLEVA NUTRIZIONI­STA

Rispetto agli alimenti trasformat­i le patatine di verdure non possono essere criminaliz­zate Ma bisogna sempre leggere gli ingredient­i

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