Gli spazi, i cittadini, le case: l’architettura dell’“eretico” Zevi
Antonietta Iolanda Lima racconta l’uomo tramite un convegno
Dopo la bellissima mostra al Maxxi, che molti ricorderanno, dal titolo: “Gli architetti di Zevi”, giunge ora, raccolto in un volume, il materiale di un convegno dedicato a Zevi, nel centenario della nascita (Catania, maggio 2018). È un grande lavoro (grande per i materiali raccolti, le persone ascoltate, la storia, i contributi editi e inediti, la documentazione visiva ) a cura di Antonietta Iolanda Lima, che, da architetto, ha lavorato sui tre piani della storia, della filologia e della raccolta di documenti e testimoni. Tutto ciò è il libro “Bruno Zevi e la sua eresia necessaria” edito da Flaccovio. Zevi è un maestro più facile da ascoltare che da commentare, e infatti nessuno, che sia stato presente o partecipe della sua grande avventura può dire di non patire tuttora nostalgia profonda della sua voce e del modo in cui tesseva, nel parlare, i fili della complessità che diventava semplice e popolare pur non scendendo di un millimetro dagli spazi e dai livelli che si era assegnato. La Lima vede la irresistibile difficoltà del problema (come si racconta Zevi?) e lo racconta e lo fa raccontare con coraggiosa competenza: è anche un glossario del linguaggio zeviano e un dizionario di alcuni fondamentali interventi di Zevi nell’architettura italiana e del mondo. Bruno Zevi ha visto un passaggio che non era stato notato prima di lui. Ha rovesciato la persuasione secondo cui in ogni tempo la cultura fa l’architettura e ha invece impostato tutto il suo impegno critico dando all’architettura il compito di segnare un tempo e di orientare le arti.
Ha condiviso con pochi (Olivetti) l’idea di città come rappresentazione della società, della cultura, della storia. E ha orientato l’architettura, gli architetti su cui per fortuna la sua attività critica ha avuto una forte presa, a diventare consapevoli del peso sociale, culturale, politico del disegnare e costruire una casa. Anche la modificabilità e l’ambiguità de- gli spazi è stata la sua grande lezione, il teatro in cui la platea diventa scena e la scena luogo per vedere il teatro. La flessibilità era il punto, come lo era liberare le città dalla finta rappresentanza istituzionale per farle diventare adatte al respiro, allo spazio, al protagonismo dei cittadini, attraverso il cambio di prospettive, volumi, spazi pieni e vuoti, natura e costruzione. Il volume è un prezioso catalogo di voci che hanno accompagnato o seguito Bruno Zevi nella sua straordinaria predicazione di un mondo nuovo dell’architettura, un elenco di affinità e somiglianze, un archivio di temi e di eventi. Un grande convegno ha dato luogo a un libro-catalogo che sarà prezioso per gli studiosi di un grande maestro.