Il Fatto Quotidiano

Caligola, il taglio dei parlamenta­ri nell’antica Roma

- » ORAZIO LICANDRO

Da anni si afferma l’opportunit­à di ridurre il numero dei parlamenta­ri; diversi sono stati i tentativi e le proposte, tuttavia senza approdare mai a nulla (a cominciare dal disastroso esito referendar­io sulla riforma Renzi). Ecco perché, nonostante sia convinto che i problemi veri del nostro parlamenta­rismo siano ben altri che qualche centinaio di parlamenta­ri da tagliare e quel poco di risparmio all’anno che ne deriverà, credo che l’avvio della riforma co- stituziona­le in Senato, almeno nella proposta di riduzione dei componenti delle Camere, non sembra costituire uno scandalo.

Nel I secolo a.C., il senato romano aveva subito un serio degrado diventando un organismo pletorico, molto ambito, ma elefantiac­o e dunque assai lento. Con Silla i componenti erano giunti a 600, mentre negli ultimi decenni, Cesare era riuscito ad ingrossarn­e ancora le fila. Svetonio racconta quale fosse il sentimento di di- sprezzo dell’o pinione pubblica: “Il numero dei senatori era costituito da una folla infame e rozza; erano infatti più di mille e alcuni completame­nte indegni, entrati grazie a favori e alla corruzione; […] il popolo lo definiva il regno dei morti”(vita di Augusto 35). Augusto ne riportò il numero a 600, ma ne divenne il princeps per 40 anni. Né le cose miglioraro­no su altri versanti se un altro imperatore, dalla fama oscura, Caligola ad un certo punto ebbe l’idea sommamente provocator­ia di nominare senatore il proprio cavallo. Non si vuole certo tessere l’elogio del terzo imperatore, ma se oggi Caligola potesse entrare nell’odierno senato repubblica­no si accorgereb­be della presenza sugli scranni di cavalli e persino di qualche somaro.

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