Diesel a picco in Europa Il ritorno delle auto a benzina
La guerra contro il gasolio non ha portato a un vistoso aumento delle immatricolazioni di veicoli elettrici che scontano ancora prezzi troppo alti e un’autonomia limitata
Inesorabile e irreversibile: è l’andamento commerciale dei motori turbodiesel in Europa. Secondo gli ultimi dati dell’Acea (l’Associazione europea delle case automobilistiche), le immatricolazioni dei veicoli a gasolio relative all’ultimo trimestre del 2018 sono scese del 23,6%, perfettamente in linea con i -18,3% e -15,7% dei trimestri precedenti. Cifre che vanno a definire un’annata in cui la fetta di mercato delle vetture diesel è passata dal 44% al 36%: viceversa, quella delle auto a benzina è lievitata dal 50,3% al 56,7%, con registrazioni in aumento del 12,4%. Sembra, quindi, che la campagna anti-diesel portata avanti dalle istituzioni europee stia dando i suoi frutti, allontanando la clientela da una soluzione motoristica che è ancora difficile da battere per quanto riguarda l’efficienza di esercizio. Non solo: i diesel omologati Euro 6d-Temp (standard che diventerà obbligatorio dal prossimo settembre) riescono pure a contenere al minimo gli inquinanti. In tema di Co2, poi, sono più puliti degli omologhi a benzina.
SENZA CONTARE che il calo del gasolio non è compensato da un concreto aumento delle immatricolazioni di vetture dotate di alimentazione alternative: ibride (+31%, incluse le plug-in), elettriche ( fanno segnare +33%, ma rappresentano appena il 2% dell’immatricolato) ed auto a gpl e metano (queste ultime scendono del 13,8%) tutte insieme costituiscono poco più del 7% della quota di mercato tota- le. In particolare, per i modelli elettrificati si sconta ancora il peso di un elevato prezzo di acquisto, di autonomie limitate e di un’inadeguata infrastruttura di ricarica: problematiche che non sembrano superabili nel breve termine.
Tuttavia, bisogna sottolineare che la bontà delle nuo- ve norme di omologazione è tutta da dimostrare, come indicato dalla Corte dei conti europea (Cce), che ha pubblicato un documento di riflessione sullo scandalo Dieselgate del 2015. L’istituzione rimane scettica sulle modalità con cui si svolgono i test sulle emissioni nocive dei veicoli di nuova immatrico- lazione: destano perplessità le lacune normative che potrebbero essere sfruttate dai costruttori per aggirare la legge e gli alti costi dei controlli indipendenti.
Secondo la Cce, i regolamenti Ue sono divenuti più rigorosi ma occorrerà tempo affinché si manifestino i miglioramenti introdotti dalle modifiche alla legislazione. Inoltre, l’e f fi c a ci a delle nuove norme dipende soprattutto dagli Stati membri e dalla stretta vigilanza delle istituzioni preposte affinché i produttori non aggirino le norme con fraudolenti escamotage, come già successo in passato. Problematiche che potrebbero cementare ulteriormente l’avversione al diesel degli Stati membri.