Il Fatto Quotidiano

IL PADRONE IMMOBILE CHE CANNIBALIZ­ZA LUIGI E SILVIO

- » FABRIZIO D’ESPOSITO

Raramente accade che un voto locale riproduca fedelmente le nuove tendenze di voto degli italiani. Seppur combinati con i soliti fattori territoria­li, i risultati delle regionali abruzzesi confermano le due linee emerse dai sondaggi delle ultime settimane. La prima ovviamente è incarnata dall’uomo forte che ha trionfato nella terra di Benedetto Croce ma anche di Gianni Letta e Bruno Vespa: Matteo Salvini. Al netto di ogni giusta consideraz­ione sul realismo di governo, tra cose fatte o solo annunciate, il Capitano leghista ha avuto un’altra performanc­e da campione delle campagne elettorali. È questo il tratto che lo accomuna di più al suo predecesso­re alla guida del centrodest­ra, quel Silvio Berlusconi ormai ridotto a un centrino di scorta della grassa destra sovranista, Carroccio più Fratelli d’Italia. E ancora una volta, Salvini ha capito che da qui alle elezioni europee di fine maggio non gli converrà toccare nulla, né sul fronte di governo, né su quello dell’alleato forzista, relegato in ambito sempre più locale. L’onere della prova, o della rottura, spetta a chi arranca dietro di lui. Nel frattempo il ministro dell’Interno può godersi il suo stato di grazia e finanche sfottere i suoi due amici, Luigi Di Maio su un versante, B. sull’altro. Ma il discorso riguarda soprattutt­o il capo politico del M5S: la sconfitta in Abruzzo è anche nazionale per lui e il redivivo movimentis­ta Alessandro Di Battista che sono andati lì come e quanto Salvini. Perdipiù, con questi numeri, per il voto di maggio si prepara un’altra botta alla tenuta del M5S.

La seconda linea di tendenza è quella del secondo posto del centrosini­stra di Giovanni Legnini. Il Pd vale però un terzo della coalizione presentata in Abruzzo e questo potrebbe accelerare la necessità di nascondere il simbolo del partito, ridotto a bad company. Però ancora non è chiaro come un nuovo contenitor­e civico nazionale debba prendere forma. Anche perché una deriva centrista alla Calenda perpetuere­bbe l’inganno renziano, già visto.

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